Le rivelazioni impunitarie di Costanza Vaccari-Diotallevi/Documenti/IV

IV. — Pietro Deangelis

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IV.

(Di carattere della Diotallevi.1)


ricco possidente, passa vari giorni della settimana ora nell’una or nell’altra delle sue tenute. Molto effemminato [p. 121 modifica]e dedito al vino. Amico stretto di Giuseppe Mazzoni agronomo e di tutti i mercanti di campagna liberali, fra i quali Rocchi, Titton», Silvestrelli, Ferri, del principe Piombino, quello che gli fa l’affari Giuseppe Mazzoni, Bolasco che abita alle Quattro Fontane, l’avvocato Antonio Vaselli, Abate Fratini precettore in casa del conte Carpegna, amico del principe Musignano e dei fratelli Gulmanelli. Ebbe occasione di parlare più volte con Eugenio Speroni, Enrichetta e Domenico Gelsi, Achille Ansiglioni.

Dall’ave maria fino ad un’ora di notte si tratteneva alla piazza Colonna, ove sogliono riunirsi tutti i mercanti di campagna e sensali, e qualche volta al caffè dei Caprettari.

Esso apparteneva alla setta, anche prima del 49; ignoro chi ve lo abbia scritto ed in quale circostanza. Ho inteso più volte da vari della setta, e fra questi Pietro Patrizi, Leopoldo Calza, Giuseppe Mazzoni, che non è voluto esser mai in una carica maggiore di quella di membro de’ Dieci, e contribuente.

Ha pagate somme forti per il monumento Cavour scudi 100, o 150; così ha pagate somme non minori di scudi 100 per il dono della spada a Napoleone III ed a Vittorio Emmanuele — per il miglione dei fucili ec., oltre essere contribuente mensile per gli emigrati2

Aveva carteggio con la Corte di Torino senza sapere con quale indirizzi; nella sua tenuta ha più volte tenute celate delle persone cercate dalla polizia.

I suoi dipendenti sono tutti i mercanti di campagna, e persone più riguardevoli che sono addette al [p. 122 modifica]Comitato e fra i quali Tittoni, Rocchi, Silvestrelli, Ferri. Bolasco, Giuseppe Mazzoni agronomo, il Commendatore Cavalier Fausti ed altri.3

Intimo del principe Gabrielli e di Augusto Gulmanelli ambi del triumvirato, anche per la qualifica che copre. Non si conoscono altri agenti suoi dipendenti che il Pietro Patrizi.

Allorchè furono fatti prigionieri alcuni soldati piemontesi e portati feriti allo ospedale dei militari, ciò che rimonta a circa il febbraio 1861, il De Angelis, Luigi Gulmanelli, e Domenico Gelsi vi si portarono a trovarli e lasciarono ad essi una regalia. Quando poi furono dismessi e rimandati dal Santo Padre a Torino, il Comitato Romano volle far loro una dimostrazione, e si combinò di farla dai De Angelis e sua figlia più grande, che andarono in un legno che si rinnovò in quel giorno fatto da Casalini: la forma del legno è chiamata Giardiniera, guarnito di stoffa bianca, tirato da una pariglia di polledri sei palmi e tre quarti Capezza dì moro della sua razza: detto servizio lo regalò poi alle figlie per uso loro assoluto. In altro legno la Diotallevi, Enrico Gelsi; e la moglie di Luigi Gulmanelli di cognome Marcocci; Luigi Gulmanelli, Domenico Gelsi, e Luigi Briganti in altro legno di piazza. Dovevano andarci altre persone, ma non si trovarono, perchè equivocarono. Si combinò di trovarsi tutti all’osteria di Faccia Fresca fuori di porta San Giovanni, ove si recarono tutti; ma essendo stato il Gulmanelli l’ultimo a giungere, disse che non sortivano per la porta San Giovanni ma per altra porta, pare bene del Popolo, ed allora De Angelis figlia, Gulmanelli e compagni vi si recarono, e colà regalarono una somma di danaro a dessi soldati; per parte delle donne scudi 8, 50, mentre il De Angelis disse di volere regalare da sè stesso. Nell’osteria di Faccia Fresca bevettero tutti [p. 123 modifica]insieme, ciascuno però nei loro legni, serviti dall’oste, presenti due garzoni, ed una delle donne domandò all’ oste se erano passati i Piemontesi, e rispose l’oste che non ne sapeva niente.

Poche sere prima che accadesse l’incendio del fienile alla Madonna de’ Cerchi detto il palazzo de Cesari, Leopoldo Calza si faceva a dire nell’osteria di S. Giovannino della Pigna, frequentata da loro fino al principio d’inverno novembre 4861, e poi andarono da Mariano alle Stimate, che bisognava dar fuoco alti fienili dei affamatori di Roma, presente Pietro Barberi, Mattei.... giovanotto con barba rossa, ed un servo di piazza (questo facilmente parlerà poichè è inimico del Calza è compagni: il fatto del bicchiere accadde nell’osteria di Mariano dalle Stimate per andare al teatro Argentina), con baffi e basette neri morati, capelli neri tagliati alla fiesca, occhi grandi neri, parla molte lingue; volendo farne dimanda all’oste si potrà anche dire quello che tirò una bicchierata in faccia ad un vecchio che più sere venne unitamente a loro, e fu in causa di una parola che il vecchio disse all’orecchio del servitore di piazza. Eravi anche un sartore soprannominalo il Contino, che abita in quella via che da Sant’Antonino de’ Portoghesi va all’Orso: tutti quanti erano compagni del Leopoldo Calza, e di Pietro Patrizzi. A questa proposta del Calza che disse ancora essere ciò pensiero del Venanzi tutti i suddetti risposero che ciò si chiamava un farsi rei di un delitto, cosa che non gli conveniva. A questo discorso ci si trovò presentò anche la Diotalìevi.

Accaduto il fatto del primo incendio, il Calza nel medesimo luogo ed alla presenza dei medesimi disse che il De Angelis aveva pagato a tal uopo persone della sua tenuta: non si sa di quale delle molte che esso possiede.

Per detto di Calufi, Deangelis ha pagata la giovane cuffiara con scudi 400 per farsi ritrattare ignuda nella propria casa al palazzo Cini. Achille Ansiglioni prese in bottega del fratello ottico al Corso le obbiettive, e camera scura, e siccome lui non cognito di come si facciano i preparativi chimichi fotografici, si fece preparare a Collodion secco sei cristalli da Francesco Gioia, e da [p. 124 modifica]esso stesso porto a sviluppare i medesimi cristalli dopo che aveva presa l’impressione sulla modella. Fu Ansiglioni che parlò alla giovane e la condusse in casa De Angelis. Le stampe furono tirate dalle Matrice, dette Negative in termine proprio, dal Francesco Gioia ed Achille Ansiglioni, e da quest’ultimo incollate e ritoccate.

La modella posò in quattro differenti posizioni, ma in un medesimo giorno.

NB. — Andò a fuoco anche un fienile al De Angelis, ma fu per l’inespertezza di quei che rimessero il fieno, avendolo messo al contatto del fieno vecchio ch’era in fondo al fienile.



Note

  1. Incominciano gli autografi della rivelante dei quali abbiamo conservato esattamente l’ortografia. A chiunque li esamini attentamente non isfuggirà che sono essi o una ripetizione o un4 ampliazione di ciò che il Collemassi ebbe scritto nella sua minuta di rivelo. Egli ispirò la Sibilla, e questa parlò secondo le ispirazioni ricevute. Il lettore ha già veduto quanto queste la mettessero nella conoscenza di cose ch’ella ne’ suoi articoli aveva mostrato di non sapere.

    C. N. R.

  2. Se il De Angelis ha donde dolersi dell’ispirata dama perchè 1o abbia qualificato per ubbriacone (egli che quasi è astemio dal vino) e d’incendiario (egli ricco proprietario e negoziante!), ha bene però da lodarsi di lei per averlo dipinto come uomo di principale importanza nel partito e che spende danaro, a piene mani. Tutti sanno che per la contribuzione per le spade era prescritto di non pagare oltre i due paoli. Ed egli in onta alla prescrizione versò 100 scudi!... Se chiunque conosce e stima il De Angelis come un buon cittadino si riderà della parte che si attribuisce, che monta? La Sibilla ha parlato!, egli è effeminato, ubbriacone, incendiario, sciupone!! Oh! i preti gli han fatto pagar cara l’amicizia di Edmondo About.

    C. N. R.

  3. Apparisce finalmente il cavalier Fausti come dipendente del De Angelis. Noi abbiamo notato come sia evidente che questi fogli, di carattere della rivelante, risultino scritti a comodo dopo la minuta di rivelo. Aggiungiamo per soprammercato, che nell’originale il nome del Fausti è scritto in fine della pagina 1

    C. N. R.