Le rime di M. Francesco Petrarca/Sonetto LXVI
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Sonetto LXVI
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SONETTO LXVI.
S
Í tosto come avvien che l’arco scocchi, Buon sagittario, di lontan discerne,
Qual colpo è da sprezzare, e qual d’averne
4Fede ch’al destinato segno tocchi;
Similemente il colpo de’ vostr’occhi,
Donna, sentiste a le mie parti interne
Dritto passare: onde conven, ch’eterne
8Lagrime per la piaga il cor trabocchi.
E certo son, che voi diceste allora;
Misero amante! a che vaghezza il mena?
11Ecco lo strale ond'Amor vol, ch'e' mora.
Ora veggendo, come ’l duol m’affrena;
Quel che mi fanno i miei nemici ancora,
14Non è per morte, ma per più mia pena.