Le rime di M. Francesco Petrarca/Canzone V

Sonetto XXIII Canzone VI

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CANZONE V.


O
aspettata in ciel, beata, e bella

     Anima, che di nostra umanitade
     Vestita vai, non, come l’altre, carca;
     Perchè ti sian men dure omai le strade,
     5A Dio diletta, obbediente ancella,
     Onde al suo regno di quaggiù si varca;
     Ecco novellamente a la tua barca,
     Ch’al cieco mondo ha già volte le spalle
     Per gir al miglior porto,
     10D’un vento occidental dolce conforto;
     Lo qual per mezzo questa oscura valle,
     Ove piangiamo il nostro, e l’altrui torto,
     La condurrà de’ lacci antichi sciolta,
     Per dritissimo calle
     15Al verace Oriente ov’ella è volta.
Forse i devoti e gli amorosi preghi,
     E le lagrime sante de’ mortali
     Son giunte inanzi alla pietà superna:
     E forse non fur mai tante, nè tali,
     20Che per merito lor punto si pieghi
     Fuor di suo corso la giustizia eterna:
     Ma quel benigno Re che ’l ciel governa,
     Al sacro loco ove fu posto in croce
     Gli occhi per grazia gira:
     25Onde nel petto al novo Carlo spira
     La vendetta ch’a noi tardata noce,
     Sì ch’ molt’anni Europa ne sospira:
     Così soccorre a la sua amata sposa,
     Tal, che sol de la voce
     30Fa tremar Babilonia, et star pensosa.
Chiunque alberga tra Garonna e ’l monte,
     E ’ntra ’l Rodano e ’l Reno et l’onde salse
     Le ’nsegne Cristianissime accompagna:

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     Ed a cui mai di vero pregio calse,
     35Dal Pireneo all’ultimo orizzonte,
     Con Aragon lasserà vota Ispagna:
     Inghilterra, con l’isole che bagna
     L’Occeano intra ’l Carro et le Colonne,
     Infin là dove sona
     40Dottrina del santissimo Elicona,
     Varie di lingue, e d’arme, e delle gonne
     All’alta impresa caritate sprona.
     Deh qual’amor sì licito, o sì degno,
     Qua’ figli mai, quai donne
     45Furon materia a sì giusto disdegno?
Una parte del mondo è che si giace
     Mai sempre in ghiaccio, ed in gelate nevi
     Tutta lontana dal cammin del Sole:
     Là, sotto i giorni nubilosi, e brevi,
     50Nemica naturalmente di pace,
     Nasce una gente, a cui il morir non dole.
     Questa se, più devota che non sole,
     Col Tedesco furor la spada cigne,
     Turchi, Arabi, e Caldei,
     55Con tutti quei che speran negli dei
     Di quà dal mar che fa l’onde sanguigne,
     Quanto sian da prezzar, conoscer dei:
     Popolo ignudo, paventoso e lento;
     Che ferro mai non strigne,
     60Ma tutti colpi suoi commette al vento.
Dunque ora è ’l tempo da ritrarre il collo
     Dal giogo antico, e da squarciar il velo
     Ch’è stato avvolto intorno agli occhi nostri;
     E che ’l nobile ingegno che dal cielo
     65Per grazia tien’ de l’immortale Apollo,
     E l’eloquenzia sua vertù qui mostri
     Or con la lingua, or con laudati inchiostri:
     Perchè d’Orfeo leggendo, e d’Anfione,
     Se non ti maravigli;

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70Assai men fia ch’Italia co’ suoi figli
     Si desti al suon del tuo chiaro sermone
     Tanto che per GESÙ la lancia pigli:
     Che, s’al ver mira questa anticha madre,
     In nulla sua tenzone
     75Fur mai cagion’ sì belle o sì leggiadre.
Tu c’hai, per arricchir d’un bel tesauro,
     Volte l’antiche e le moderne carte,
     Volando al ciel con la terrena soma,
     Sai dall’imperio del figliuol di Marte
     80Al grande Augusto; che di verde lauro
     Tre volte trionfando ornò la chioma;
     Nell’altrui ingiurie del suo sangue Roma
     Spesse fiate quanto fu cortese:
     Ed or perchè non fia
     85Cortese no, ma conoscente, e pia
     A vendicar le dispietate offese
     Col figliuol glorioso di Maria?
     Che dunque la nemica parte spera
     Nell’umane difese
     90Se CRISTO sta dalla contraria schiera?
Pon’ mente al temerario ardir di Serse;
     Che fece per calcar i nostri liti
     Di novi ponti oltraggio alla marina:
     E vedrai nella morte de’ mariti
     95Tutte vestite a brun le donne Perse,
     E tinto in rosso il mar di Salamina;
     E non pur questa misera ruina
     Del popolo infelice d’oriente
     Vittoria ten’ promette;
     100Ma Maratona, e le mortali strette
     Che difese il Leon con poca gente;
     Ed altre mille, c’hai ascoltate, e lette.
     Perchè inchinar a Dio molto convenne
     Le ginocchia, e la mente,
     105Che gli anni tuoi riserva a tanto bene.


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Tu vedra’ Italia, e l’onorata riva,
     Canzon, ch’agli occhi miei cela, e contende
     Non mar, non poggio, o fiume;
     Ma solo Amor; che del suo altero lume
     110Più m’invaghisce dove più m’incende:
     Nè Natura può star contra’ al costume.
     Or movi, non smarrir l’altre compagne:
     Che non pur sotto bende
     Alberga Amor; per cui si ride, e piagne.