Le rime della Selva/Parte seconda/Predica in due parti
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PREDICA IN DUE PARTI
I.
Hai tu commesso una colpa?
Ebbene, più mai, più mai
Non te ne libererai,
4S’anco la morte ti spolpa.
Non giova che te ne incresca;
Non serve che te ne penta:
Se vecchio l’uomo diventa,
8La sua colpa è sempre fresca.
Tu vivi e peni. Talvolta,
Come una cosa passata,
Credi d’averla scordata,
12Credi d’averla sepolta;
Ma no, ma no! d’improvviso
(Chi ti può dir come accada?)
All’angolo d’una strada
16Essa ti corre sul viso,
Essa all’orecchio ti grida
Un nome, un giorno lontano,
E tu ricalcitri invano
20All’Erinni che ti sfida.
Oppure, allor che tu siedi
Inutile pellegrino,
Rotto dal lungo cammino
24Che insanguinava i tuoi piedi;
Siedi in recondite gole
Di monti, o in prode vacanti,
Essa ti sorge davanti,
28Muta, rubandoti il sole. —
Se ancor non sazio di tutto,
Chiedesti un frutto alle cose,
Non essa, di’, s’interpose
32Fra la tua mano ed il frutto?
E se piegasti la fronte
A invito d’acque profuse,
Or di’, non essa s’intruse
36Fra le tue labbra e la fonte?
Ripara nel queto albergo,
Nell’erma valle, tra ’l verde:
Essa la traccia non perde,
40Essa ti segue da tergo;
Entra con te nella stanza
Dove speravi ricetto,
Con te si sdraja nel letto,
44Oscena e ironica amanza.
Sotterra, pallido e stanco,
In una fossa ripara:
Nella medesima bara,
48L’avrai compagna al tuo fianco.
II.
Hai tu commesso una colpa?
Ebbene, vivi. La vita,
La turpitudine avita,
52Che ti macchiò, ti discolpa.
Vivi. La vita, che senza
Il suo contrario non dura,
La vita, di sua natura,
56È peccato e penitenza.
È, con alterna vicenda,
Gioja e dolore; dolore
Che nasce di gioja; errore
60Che da sè stesso s’emenda.
Perchè nel fosco passato
Figgi l’illuso pensiero?
Più in alto, più in alto è il vero,
64E quello ch’è stato è stato.
Sì bene: pentirsi giova
All’anima addolorata;
Ma giova più con rinata
68Anima far vita nova.
Non ritornar su’ tuoi passi;
Non ti rivolgere indietro:
Se a quel tuo carcere tetro
72Declini gli occhi, t’abbassi.
Togliti al pigro mïasma
Che ti corruppe; discaccia
Da te la pallida faccia
76Dell’importuno fantasma.
A cor ti stia soprattutto
Di non tradire te stesso:
Ancor t’è un frutto promesso,
80Se tu vuoi cogliere il frutto.
Sorgon nei cieli dagl’imi
Campi le vette lustrali:
Che stai? se impavido sali
84Ancor, da te, ti redimi.
In alto, in alto! nel vivo
Aere che purga e ristora;
Là, dove splende l’aurora
88Di novo giorno festivo.
Bevi, salendo, alle fonti
Cui non fallisce la vena;
Mira dall’alto la scena
92Degli allargati orizzonti.
Chiedi al silenzio divino,
Chiedi all’oracolo ignoto,
La voce di quel remoto
96Che pur n’è tanto vicino.
Chiedi alla luce del sole
La verità nuda e pura,
Cui non offusca o snatura
100Nebbia d’umane parole.
Sappi che nulla si nega
A un desiderio immortale;
Che la tua anima ha l’ale,
104E che nessuno la lega.