Le poesie religiose (1895)/Sera d'agosto
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SERA D’AGOSTO
Sorge dal plumbeo mar, come sanguigno
Scudo, nel vaporoso aer la luna;
E qui fra gialle sabbie, ove le aguzze
Foglie l’aloe scontorce, apresi il golfo
5Silenzioso, là fra picee lave
Da’ rosseggianti vertici le irsute
Macchie il tenace fico d’India assiepa.
Non rumor d’opre alla pescosa rada,
Non suon di giochi fanciulleschi o voce
10Di remator: solo da lungi il sordo
Rombo della città, stesa, qual mostro
Da’ mille occhi, nell’ombre; a me da presso
Il sonnolento murmure dell’onde;
E su tutte le cose un vapor greve.
15Un torpore affannoso, un tedio immenso.
Di questo eguale avvicendar di giorni,
Di sembianze, di vita ancor non sei
Stanca, o Natura? Ancor gran tempo immote
Dureranno le leggi, onde si avviva
20Quest’universo? Eppur di novi objetti
Vaga sempre s’affanna e si consuma
La smaniosa umana stirpe, e quasi
Tutti avesse i terrestri uberi emunti,
Di miglior cibo e d’altre sfere in traccia.
25Te pigra ancella o rea matrigna accusa,
Misera, e dove nell’ambiguo volo
Alcun raggio del vero, un sol barlume
Dell’eterna tua luce a lei sorrida,
Il suo tempo mortale ecco e l’oscuro
30Fato e il dolor che le asserpenta il petto
Cader si lascia dalla mente, e in sogno
Beata alle ragioni ultime aspira.
Tal, fanciulletto fuggitivo piange
Per l’ombre, e più non sa d’onde qui venne,
35O qual sentiero al tetto amico il guidi;
Smarrito vaga, ma se gli occhi a sorte
In te sollevi, o sorridente luna,
Dal lacrimato suo dolor l’incerta
Anima toglie un qualche istante, e l’ora
40Fosca e la madre derelitta oblia.