Le poesie di Catullo/45
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Al cor Settimio tenendo stretta
La sua carissima Acme: “O diletta
Acme, susurrale, s’io pazzamente
Non t’ami, e assiduo sempre ed ardente,
5Quanto è possibile che al mondo s’ami,
Amarti e vivere per te non brami,
Che in Libia o all’arida India soletto
D’un leone orrido mi trovi a petto!”
Sì parla, e udendolo, qual già a sinestra,
10Amor propizio sternuta a destra.
Ed Acme, il tenero capo inclinando,
E su gli estatici occhi baciando
Con la purpurea bocca il suo damo:
“O mio Settimio, così possiamo,
15Così, gli mormora, dolce amor mio,
Servir quest’unico signore e dio,
Che ognor più fervido, più acuto ardore
Strugga nell’intime fibre il mio core.”
Sì parla; e udendola, qual già a sinestra,
20Amor propizio sternuta a destra
Dei buon auspicio così giovati,
D’affetto mutuo s’amano amati.
Più della doppia Britannia e della
Siria Settimio vuol Acme bella;
25La fedelissima Acme raccoglie
Tutte in Settimio delizie e voglie.
Chi mai due anime sì lieto e fide,
Più fausta Venere chi chi mai vide?