Le odi di Orazio/Libro terzo/IX
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IX.
— Finch’ero a te gradevole,
Nè alcun più valido garzon cingeati
Le braccia al collo candido,
4Più lieto io vissimi d’un re di Persia.
— Finchè non t’arse l’anima
Un’altra, e a Lidia Cloe posponevasi,
Io, la famosa Lidia,
8D’Ilia romulea vissi più splendida.
— Me Cloe cretese or domina,
Dotta in bei cantici, destra alla cetera:
Per lei morir non trepido,
12Se il ciel risparmj l’alma superstite.
— Me Calai, figlio ad Òrnito
Di Turio, incendia con face mutua:
Per lui due morti io tollero,
16Se il ciel quel giovane lasci superstite.
— E se l’antica Venere
Torni, ed a bronzeo giogo costringane?
Se Cloe bionda discaccisi,
20E l’uscio a Lidia rejetta schiudasi?
— Bench’ei d’astro più fulgido,
Tu più che sughero lieve, e irritabile
Vieppiù che l’Adria perfido,
24Vuo’ con te vivere, vuo’ teco estinguermi!