Le odi di Orazio/Libro secondo/XVII
Questo testo è stato riletto e controllato. |
XVII
◄ | Libro secondo - XVI | Libro secondo - XVIII | ► |
XVII.
Perchè co’ tuoi lai mi disanimi?
Nè agli Dei piace nè a me, ch’estinguerti
Il primo tu debba, o Mecena,
4Grande onor di mia vita e sostegno.
Ah se te, parte del mio cor, togliemi
Una più lesta forza, superstite
Non intera nè amata al pari
8A che l’altra più indugia? Quel giorno
Recherà ad ambi l’esizio. Perfido
Voto non dissi: quando precedermi
Tu debba, andremo, andrem compagni
12Preparati al viaggio supremo.
Me non dell’ignea Chimera l’alito,
Me, se risorga, non Gea centímane
Da te sverrà mai: così piace
16A Giustizia possente, alle Parche.
O che la Libra o il formidabile
Scorpion me guardi, segno infaustissimo
All’ora natale, od il Capro
20Che dell’onda d’Esperia è tiranno,
La nostra stella con indicibile
Modo cospira. Te la custodia
Del fulgido Giove a Saturno
24Empio tolse e del fato imminente
Ritardò l’ale: denso a te il popolo
Lieto in teatro scoppiò in applausi
Tre volte; me un tronco, cadente
28Sul mio capo, uccideva, se il colpo
Non attutiva la man di Fauno,
De’ Mercuriali custode. L’ostie
E l’ara votiva offrir pensa;
32Noi modesto un agnel feriremo.