Le odi di Orazio/Libro primo/XVI
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XVI
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XVI.
Di madre bella figlia bellissima,
Ai criminosi giambi qual piacciati
Pena infliggi, o vuoi nella fiamma
4O vuoi d’Adria gittarli nel mare.
Non Dindimèna, non squassa agli aditi
De’ sacerdoti la mente il Pitio,
Non Libero al pari, se i bronzi
8Acri battan danzando i Cureti,
Come triste ire, cui non già norica
Spada atterrisce, non mare naufrago,
Nè indomito foco, nè Giove
12Ruinante in tumulto tremendo.
Fama è, che astretto Prometeo a giungere
Al fango primo di tutti gli esseri
Un briciolo, in petto il furore
16Dell’insano leone ci pose.
L’ire in esizio grave prostesero
Tieste, e ad alte città diêr l’ultima
Cagion per che a fondo perîro,
20E insolente l’esercito impresse
L’ostile aratro ne’ valli. L’animo
Frena: me pure tentò la collera
Negli anni soavi, e furente
24Nei volubili giambi cacciommi.
Ora m’è grato cangiare in teneri
I tristi versi, pur che, gli obbrobrj
Cantati al contrario, tu amica
28Mi ritorni ed il core a me renda.