Le nostre fanciulle/Parte Prima/Per salire

Per salire

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Parte Prima Parte Prima - La preparazione
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PER SALIRE1

.... come la fiamma ch’è nata a salire....


Voi che giungete ora nella vera vita non sapete come essa sia mutata da qualche anno a questa parte. L’orizzonte si è meravigliosamente allargalo, continuamente si sale con lo spirito e con la coscienza verso altezze che erano, anni fa, avvolte in brume paurose.

La coltura diffusasi e cresciuta con una rapidità incredibile, ci mostra ora come fosse falsa l’opinione ch’essa potesse aumentare l’orgoglio, e mettere armi di combattimento nelle mani d’inetti e di corrotti. Certamente vi è sempre nel fondo d’ogni cosa in fermento una massa oscura, che, lottando per liberarsi dalla feccia che la trattiene e poter venire in su, [p. 4 modifica] verso la parte pura, sommuove la prima e l’intorbida; ma l’aspirazione a inalzarsi in un modo o nell’altro, e uscire dall’oscurità, è sempre un movimento che onora l’uomo più del vivere in una bestiale ignoranza, obbedendo solo a istinti o a voleri altrui.

Lo studio è veramente come un gran faro che rischiara gli angoli più oscuri così della scienza come della coscienza, e ormai non v’è chi non senta che uno dei doveri, più urgenti, è di diffondere più ch’è possibile l’istruzione, per vincere quel brutale nemico dell’umanità: l’ignoranza.

Guardiamo un poco al mondo femminile, figliole, per comprendere il beneficio della coltura.

Ora essa è più diffusa: molte donne hanno potuto trarsi fuori dal morbido e scivolante terreno della frivolezza e della mondanità, da quello, meno viscido, ma non meno pericoloso, dei sogni, delle sentimentalità, delle morbose malinconie; da quello così sassoso delle meschine materiali fatiche, esaurienti, e così spesso inutili, per assurgere a una vita di lavoro a cui l’arte pone il suo suggello di [p. 5 modifica] bellezza; a doveri d’educazione e d’esempio, nei quali nessuno può sostituire la madre; di aiuto spirituale e di collaborazione, nei quali nessuno deve sostituire la moglie.

Guardiamo insieme alle donne migliori che abbiamo intorno e ditemi se i libri le hanno guastate, o se esse invece non devono all’abitudine di un nutrimento intellettuale sano e forte la loro laboriosità, la loro serenità, la grazia che le avvolge e fa della loro casa un centro di luce.

Dite se non sono esse che diffondono forza morale, che infondono l’amore della vita, la fiducia nell’avvenire dell’umanità, la fede nei destini di questa nostra anima così assetata di luce,

«fiamma ch’è nata a salire».

Guardiamo sempre a chi è in alto, in quell’altezza spirituale che, come quella delle cime elevate, dà un senso di purezza e non lascia più sentire il peso del corpo, ma quasi un batter d’ali della nostra anima che sente Dio vicino. Beate voi figliole, che ancora avete davanti [p. 6 modifica] una lunga vita e vedrete sempre più allargarsi intorno a voi il cielo luminoso e crescere lo stuolo delle donne e degli uomini che sanno raggiungere simili altezze.

Che ognuna di voi si sforzi di salire: ogni nostro passo deve sempre essere volto verso la luce. Non credete a chi vi dice continuamente che il mondo è triste, che la vita è dolorosa e faticosa: lo è per chi è debole e non vede lontano, ma voi dovete pensare a farvi robuste di salute, d’intelligenza, di anima, per trarvi fuori dalle ragnatele che i disinganni, le debolezze, i dolori, gli scoraggiamenti tentano di tessere intorno a ogni debole anima femminile.

Benedite però sempre il dolore.

Le donne che più noi ammiriamo, la cui vita è un tessuto di opere belle e buone, hanno conosciuto il dolore; esso dà una nobiltà che non hanno le donne felici. Vi sono anime accasciate dalla sventura le quali comunicano un tremore di sgomento; queste invece, che alzano ancora il viso calmo, e tendono le loro mani pronte a chi vive, ci attraggono come se ci dicessero che in fondo alla voragine paurosa hanno intravveduto lontane serenità che danno [p. 7 modifica] il coraggio dell’attesa.

Benedite il lavoro, figliole, quanto più esso è imperioso; macchina che molte fra noi non possono arrestare sotto pena di veder tutto travolto il loro avvenire, ma che bisogna benedire. È un ventilatore che lancia lontano i miasmi e le scorie: la vita ne rimane purificata e rinfrescata così da attirare con simpatia le anime altrui e far a noi stessi sentire una gioia rinnovantesi ogni giorno.

Benedite l’amore, figliole; questo sole che sorge su tutte le giovinezze. La madre che crede la sua figliuola non turbata da nessun sogno ha dimenticalo d’essere stata fanciulla. Nessuna giunge a vent’anni senza aver almeno coltivato nel segreto un piccolo sogno nutrito d’illusione e di chimere, simile a certi meravigliosi fiori della Florida, appesi con un filo a qualche ramo d’albero ad essi straniero.

Oh i dolorosi disinganni fatti di nulla! Oh le profonde, struggenti malinconie indefinibili! Il mondo ne sorride, ma noi madri sappiamo che i presentimenti di dolore danno spasimi quasi più acuti dei dolori stessi: noi sappiamo anche che si passa di lì, da questi sogni sognati [p. 8 modifica] ad occhi aperti, da queste larve di amore, da questi ardenti desideri di devozione e d’abnegazione, per giungere alla luce serena di un amore vero, alla coscienza di reali doveri e di reali sacrifici. Ma sappiamo pure che quei sogni e quelle speranze sono pericolosi quando non sopravviene più tardi il sentimento vero a realizzarli.

Per questo vi diciamo di sfuggire il pericolo di una vita eternamente sognante e infiacchita dall’inutile desiderio di un nido proprio, proponendovi uno scopo, dandovi una mèta di lavoro. Molte fanciulle anche in Italia lo sanno oramai: gruppo eletto di anime coraggiose, che mostrano coll’esempio quanta gioia si può trovare nell’attività; come si possa in una vita di dedizione, avere un compenso alla mancata maternità. Oggi molte mamme e molti babbi ignorano il tormento di non trovare un marito alle loro figliole e provano delle compiacenze sconosciute ai genitori di una volta: quello di avere intorno delle figlie che non si preoccupano dell’avvenire, fanciulle operose e contente che non saranno un giorno di peso ai fratelli e non si troveranno infelici [p. 9 modifica] a struggersi di rimpianto.

Belle vie serene di lavoro sono aperte a voi, figliole; e, credetemi, gli uomini, se hanno l’aria di guardare a quelle fra voi che meglio vestono e più incontrano nei luoghi di ritrovo, in realtà seguono però col pensiero, attenti e ammirati, quelle che sanno avviate coraggiosamente per una via di lavoro, senza paura della solitudine; così belle e interessanti e dignitose esse sono!

Ogni fanciulla intelligente d’Italia, finito il suo corso di studî, oggi si domanda: che posso fare? E non sa pensare di dover rimanersene a far la signorina di casa in attesa di un marito... che potrebbe non arrivare.

Le ricche si dedicano a qualche istituzione benefica, le altre, parecchie anche agiate, ma che sanno quale buona cosa sia il denaro, a un lavoro utile anche a sè stesse. Quante, quante vie sono aperte davanti a voi! Quante ve ne dovete aprire!

È istintivo nella donna il bisogno di creare, ed io vi dirò che vedo la gioia più intera in fanciulle le cui mani, guidate dall’ingegno, creano cose belle, o che, guidate dal cuore. [p. 10 modifica] compiono opera di bene.

Ancora non è realizzato in Italia il mio grande sogno di una scuola per le signorine veramente informata ai bisogni della società moderna e alla elevazione della donna. Da essa non uscirebbe fanciulla senza il possesso di un’arte.

La società moderna ha tanto bisogno di donne intelligenti e pratiche, laboriose e insieme piene di grazia, le cui mani siano pronte ed abili ad ogni più prosaico lavoro così come a delicate creazioni artistiche! Donne che avvicinando dolori e confortando miserie fuori della loro casa, sappiano ancor più intensamente amare il loro nido, godervi d’ogni più piccola gioia, farne un tempio sacro a promesse indistruttibili, una scuola di letizia e di coraggio, di pensiero e d azione.

Dissi «di letizia» perchè in essa io credo risieda il gran segreto di allevare figli atti alla vita.

E dico anche a voi figliole: siate gaie. Studiare, prepararsi seriamente a una vita di lavoro, non vuol dire diventar gravi e immusonite: non ho mai trovalo tanta sincera [p. 11 modifica] letizia come in uomini di scienza e pensiero. Schiaparelli, il celebre astronomo, austero e misantropo, leggeva con piacere racconti per bambini ed era di una serenità e di una semplicità di fanciullo. Nessuno scrittore nostro possedeva più schietto umorismo del Fogazzaro la cui conversazione era tutta una gaiezza. Gaetano Negri, il filosofo, era meraviglioso di spirito frizzante e di buon umore. A Luigi Cremona, il matematico celebre in tutto il mondo, negli anni in cui era più immerso negli studî, bastava di trovarsi colle sue figlie e con le loro piccole amiche a passeggiare nei campi per diventare allegro come un ragazzo. Pasquale Villari, lo storico geniale, era la delizia dei suoi intimi, dei salotti ove passava le sue serate. Lo spirito arguto di Alessandro d’Ancona era un incanto (oh! la nostra ultima conversazione in una mattinata di sole sul Lung’Arno di Pisa!). Angelo Mosso, il fisiologo illustre, rivelava anch’egli, nell’intimità, una semplicità meravigliosa. Di Giuseppe Giacosa bastava udire il saluto festevole per prevedere ore incantevoli di conversazione. Emilio Treves, il colto editore, sprizzava da ogni parola [p. 12 modifica]la più sottile, mordace e insieme benevola arguzia, di una piacevolezza indicibile. Vi nomino alcuni ch’io stessa conobbi e mi furono amici. Se appena avessi il tempo di pensarci, quant’altri ve ne potrei citare!

Siate allegre, siate la nota gioiosa della vostra casa, sempre. È una compiacenza grande di sentire il babbo e la mamma dire: «Oh, questa mia figliola, è l’allegria della casa; quando lei non c’è, la casa è un convento».

Gioventù dev’essere sorriso, come la primavera e i fiori. Una primavera piovosa è un vero tradimento, a cui non ci sappiamo rassegnare, non è forse vero? Abbiamo bisogno di gaiezza come del sole, e voi non dovete negarla a noi che invecchiamo, e abbiamo tanto più bisogno di calore e di luce.


Note

  1. Sono queste le ultimo pagine scritte da Sofia Bisi Albini. Esse costituiscono il testamento educativo e spirituale dell’Eletta Donna. (Nota dell’Editore).