Le feste di San Giovanni in Firenze/Parte prima/Capitolo VI

Capitolo VI

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§ VI

Nell’anno 1419 era venuto in Firenze Baldassarre Coscia Napoletano che per l’addietro era stato Papa col nome di Giovanni XXIII e aveva rinunziato al Pontificato nel Concilio di Costanza. Egli aveva assunto il nome di Cardinale di Firenze per facoltà accordatagli da Martino V ad istanza della Signoria. Abitava presso la famiglia Chiarucci nel popolo di S. Pier Maggiore, e nella casa che oggi appartiene alla famiglia Orlandini. Era grandissimo amico dei fiorentini e vedendo quanto essi tenessero al culto di S. Giovanni, istituì quella sacra solennità che volgarmente chiamasi il perdono. Donò al Tempio di S. Giovanni la reliquia dell’indice del detto Santo, qual reliquia da Filoteo Patriarca di Costantinopoli era stata data a Papa Urbano VI: questa fu al medesimo involata, allorché stava assediato in Nocera dal Re Carlo di Napoli; il Coscia che in tal tempo serviva il Papa in qualità di cherico di Camera, potè rinvenire detta reliquia e redimerla con lo sborso di 800 ducati.

Questo Cardinale morì in Firenze nel 22 dicembre 1420, e i di lui esecutori testamentari Bartolommeo Yalori [p. 26 modifica]Gonfaloniere della Repubblica, Niccolò d’Auzzauo e Giovanni di Bicci de’ Medici gli diedero onorata sepoltura nel Tempio di S. Giovanni.

Cosimo de’ Medici, amicissimo del detto Cardinale, volle che fosse fatto un monumento alla di Lui memoria; e ne ordinò l’esecuzione al celebre Donatello, il quale scolpì la statua fatta poi di bronzo dorato, e le due statue rappresentanti la speranza e la carità; quella rappresentante la fede fu scolpita da Miclielozzo Michelozzi.

Mentre splendidissime erano le pompe con le quali si solennizzayano dal popolo le feste di S. Giovanni, altrettanto splendido era l’addobbo interno del tempio in occasione delle feste stesse. Per render più ricco questo apparato fino dall’anno 1366 era stato ordinato dalla Repubblica fiorentina che fosse fatto in argento quell’altare che chiamasi dossale o dorsale. Questo è un monumento di sommo pregio per le arti di quei tempi, il peso di questo altare è di libbre 325 di argento. — Vi furono impiegati i migliori artefici di quel secolo che vi lavorarono dal detto anno 1366 fino al 1480; fra i quali artefici, dice il Vasari, che vi lavorasse Maestro Clone orefice eccellente, Antonio del Pollaiolo, ed Andrea del Yerrocchio; ed il Gori cita anche Michelozzo di Bartolommeo; il Migliore nega che questi artefici vi lavorassero; in ogni modo è opera stupenda, nell’occasione di esporre questo dossale vengono esposti pure altri oggetti preziosi, cioè: una Croce d’argento ordinata dai Consoli l’anno 1456, lavoro di Berto di Francesco, di Antonio del Pollaiolo e di Milano di Domenico Dei; più due Paci d’argento, e due quadretti di Mosaico opere pregevolissime, che il Proposto Gori congetturò indicassero le principali feste dell’anno.