Favola V.
LA FORTUNA, ED UN CORNO.

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Favola V.
LA FORTUNA, ED UN CORNO.
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FAVOLA V.




LA FORTUNA, ED UN CORNO.


Passeggiando la Fortuna per un prato fiorito s’inciampò in un Corno. Fermatasi a quest’inciampo, vedendo, che alla sua destra sedevano sovra una ripa alcuni Pastori colle loro Ninfe, che custodivano la [p. 63 modifica]greggia, quelli interrogò, chi di loro fosse venuto a pettinarsi in quel prato; ma nessuno rispose. Rivoltasi alla sinistra, e veggendo parecchi cavalieri, che colle dame stavano sovra un’altra ripa trescando, fece a quelli la stessa interrogazione, ed uno di essi rispose: son io, son io, che mi sono colà pettinato (indicando il luogo, ove trovossi il Corno); ma di quel Corno non ne sono informato. Allora la Fortuna sorridendo disse: tanto basta; il resto è mia invenzione per mantener, bisognando, il lustro dell’agnazione. Ciò detto si mise le ali ai piedi, e volò nell’Etruria per farne il servizio ad un Professor della Crusca.

Moralità.

Mater certa etc.