Le fantasie/II
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II
Era sopito l’Esule;
Era la notte oscura;
I sogni suoi travolti
Altra pingean figura.
Eran sembianze cognite,
Già discernuti volti,
Gente su cui diffondesi
Vitale ancora il sol.
Quale il piè lindo esercita
A danze pellegrine.
Quale alio specchio è intento
A profumarsi il crine.
E qual su molle coltrice
S’adagia; e vinolento
Rattien della fuggevole
Gioia, cantando, il vol: —
Pera chi stolido
Mi tedia l’anima,
Querulo, indocile
A servitù!
Ebben! che importami
Se omai l’Italia
Nome tra i popoli
Non serba più?
Forse che sterili
Sul colle i pampini
Ai prandi niegano
L’ilarità?
Forse che i rosei
Baci ne mancano,
E i furti facili
Della beltà?
Stringan l’imperio
Su noi gli estranei,
Se la mia stringerlo
Destra non può.
Ma non sia ch’emulo
Con me sollevisi
Chi nella polvere
Finor posò
La notte vedila
Tener le tenebre;
E il giorno limpido
I bei color;
Tai la progenie
Dell’uom dividono,
Due fati immobili,
Gioia e dolor.
Se v’ha chi è in lagrime,
Sorga maledico
Contra le viscere
Che il concepir;
Nè lo spregevole
Figliuol del povero
Fra i nati al giubilo
Stenda il sospir.
Oh, il nappo datemi!
Beviam! sommergasi
Tutta de’ gemiti
La vanità!
Beviam! divampino
E lombi ed anima!
Gli occhi scintillino
Di voluttà!
Sul labbro scocchino
Le oblique arguzie,
I prieghi e il calido
Ghigno d’amor,
Onde le cupide
Mogli m’invocano
Caro dei talami
Trïonfator!
Beviam! chè il domito
Sposo non vigila;
E anco la timida
Divezzerò;
Lei che il volubile
Fianco e le grazie
A’ gai spettacoli
Nuova recò.
Poggiato a un candido
Sen, non m’assalgano
Nenie per l’italo
Defunto onor;
Ma baci fervidi,
Lepide insidie,
Deliri, aneliti,
E baci ancor.