Le donne gelose/Nota storica
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NOTA STORICA
Siora Lugrezia è una vedovella ancora fresca e piacente, che sa dove il diavolo tiene la coda, di modi sciolti quanto lo scilinguagnolo. I denari si direbbero il suo secondo sangue; e sfrutta con tali articine i suoi polli, che costoro si lasciano tranquillamente pelare senza muovere lagno. E lei infatti che strologa tre numeri sicuri a quello sciupone dell’orefice Boldo, il quale spera col lotto rimpannucciarsi; è lei che al merciaio Todero, giuocatore sfrenato, procurerà, verso pegno d’un codegugno, d’una camisiola e d’una scatola d’argento, trenta ducati contentandosi, poveretta, di riaverne quindici giorni dopo, soltanto quaranta; è ancora lei che a quel pazzarello di Baseggio in vena di spassarsi un’intiera notte al Ridotto, noleggerà per un solo filippo, appunto quel codegugno e quella camisiola, con cui trasvestirsi.
L’andirivieni continuo di uomini in casa sua termina però con l’ingelosire la moglie di Boldo, quella di Todero e l’innamorata di Baseggio, che mormora anche per proprio conto: «Malignaza! Tutti i omeni la li vol per ela». Eccole quindi in agguato a spiare i passi dei creduti traditori, un montarsi a vicenda, assalirla in tre ad un tempo quando essa, un po’ prima di recarsi mascherata al Ridotto, va a salutare la moglie del merciaio. E un crescendo rossiniano d’improperie comicissimo; ma siora Lugrezia sa grazie a Dio in quali panni si trova, non teme le tre congiurate se anche fossero dieci, si rimbocca le maniche, e minacciandole con uno stilo, grida loro: «Mi dei vostri marii no so cossa fargliene! Matte, zelose, inspiritae! Ma saveu perchè se zelose? Perchè sè brutte!» Dopo la quale stilettata sul serio, s’avvia al Ridotto. Ma qui pur quelle femmine danno la lor capatina, a scoprire nuovo terreno; e qui ripullulano i sospetti e i rovelli, avendo siora Giulia occhieggiato nelle mani di quella volpe la scatola di Boldo suo marito, e siora Tonina vedutala stare a crocchio col proprio; i contrattempi e gli equivoci si moltiplicano, finchè... ogni cosa viene in chiaro, e termina allegramente, avendo per merito della nostra Lugrezia vinto sior Boldo il sospirato ternetto, sior Todero ricuperati con le carte bei duecento zecchini, e l’Orsetta potendo sposarsi al suo Baseggio.
È questa una commediola, oltrecchè «veneziana, venezianissima» qualmente scrive lo stesso Goldoni (Ed. Paperini, t. IX), gaia e graziosa, dove sorride l’arguzia popolana così pronta, mordace e talvolta salace; dove (acuta osservazione di Yorick, pseudonimo dell’Avv. P. C. Ferrigni) «la gelosia femminile è trattata come un difetto a base di meschini pettegolezzi piuttostochè come una passione» (La gelosia delle donne considerata quale passione drammatica, ne La Nazione di Firenze 21 marzo 1872). Né sappiamo perchè la si trovi appena menzionata dal Molmenti (C. G. pag. 107), dal Landau (Geschichte ecc. 423-4), dal Dejob che pure fece argomento di studio la donna nella commedia francese e italiana del settecento, e dal Rabany che solo in appendice ne dà un sunterello (C. G. Le Théâtre ecc. pag. 342). Ci sembrano invece più giusti estimatori il Gavi pel quale la produzione «lavorata su scarso tema è, come le Massere e le Donne curiose, abbellita da grand’arte e piena di comiche piacevolezze» (Della vita di C. G. ecc. pag. 166); e il Galanti che insieme a tai pregi, ravvisa in Lugrezia «un tipo di popolana pensato vigorosamente e tratteggiato con tocchi arditi e con vivace contrasto» (C. G. e Venezia nel sec. XVIII, pag. 224).
Le Donne gelose furono recitate per la prima volta in Venezia nel Febbraio 1752; di che ci fa sicuri nella sua edizione delle commedie goldoniane (Tomo VI, Venezia, 1753) il Bettinelli con la seguente avvertenza: «Questa «Commedia riusci dilettevolissima in Venezia, dove per la prima volta fu esposta la sera de’ 12 Febbraio 1752 e fu replicata solamente quattro sere, perchè terminò il Carnovale. Fu replicata l’anno susseguente con non minore applauso. In Bologna e in Milano è anche piaciuta. Gloria al grand’Autore non meno dell’altre sue esimie fatiche ha questa Commedia riportato». Lo stesso Goldoni scrive che «la pièce a produit le meilleur effet» e che la parte di Lugrezia sostenuta dalla famosa Corallina (la bellissima e amabilissima Marliani per la quale il nostro Carlo sentì del tenero, suscitando le smanie isteriche a madama Medebac) «fut rendu avec tant d’energie et de vérité, que l’ouvrage eut le succès le plus brillant» (Mem. II, cap. XIV ). Fu pure data a Modena nell’aprile 1759 (V. Modena a C. G. pag. 237); e se non ci risulta che a Venezia più comparisse dal 1795 al 1802, nè dal 1812 al 1823, rieccola al nostro san Luca (comp. Borelli) nelle sere 22-23 genn. 1824, e al san Benedetto per opera della stessa Compagnia il 21 marzo 1825 col titolo: La Gelosia delle donne (almeno è da credere si trattasse della medesima produzione). Altre recite segnaliamo a Torino nel 1827 (nel giorn. dramm. I Teatri, t. I, pp. 436, alla Marciana) della compagnia Romagnoli; e a Zara nel 1849, ’51, ’59 e ’82 (V. nel Dalmata 27 febbr. 1907). Anche Luigi Duse, che verso la metà del secolo scorso fece rivivere il teatro dialettale di Goldoni, l’ebbe certamente nel suo repertorio (Rasi. Com. ital. Vol. I, pag. 802). Il pubblico fiorentino se ne deliziò al teatro Niccolini nel marzo 1872 (V. La Nazione già cit.). Né dobbiamo poi dimenticare che quando Giacinto Gallina dirigeva nel 1884 la compagnia Zago, volle riaffacciarla, e n’ottenne esito fortunato, mantenutosi per ben dieci anni consecutivi, a merito specialmente della brava protagonista, signora Laura Zanon Paladini. Ed a merito particolare della graziosa attrice, Giselda Gasparini, per la quale pure si direbbe scritta la parte di siora Lugrezia, venne riascoltata con vero gusto dalla rinnovata compagnia di Emilio Zago al teatro Goldoni in Venezia, nel gennaio 1910.
Va finalmente soggiunto che Goldoni la dedicò alla N. D. Elisabetta Mocenigo (q. Alvise IV di S. Samuele) sposatasi nel 1741 al Procuratore di S. Marco Sebastiano Venier (q. Nicolò, del ramo che abitava in contrada dei Gesuiti); dama, secondo si esprime lo stesso commediografo (ed. Paperini) di molto talento e «di genio innato alle lettere», che voleva i figliuoli alternassero i consueti studi «con l’esercizio delle sceniche rappresentazioni francesi e italiane». Tra queste ultime (scrive sempre Goldoni) anche di una sua farsa, commessagli dalla nobile protettrice, e che ottenne assai lieta accoglienza «per la bravura de’ Recitanti».
C. M.
Questa commedia fu stampata la prima volta nel 1753, a Venezia, nel t. VI dell’ed. Bettinelli e fu ristampata a Bologna (Pisarri, 1754 e Corciolani ’57); uscì a Firenze nel 1755, nel t. IX dell’ed. Paperini, e quindi a Pesaro (IX, ’55), a Torino (Fanuno-Olzati XI, ’57 e Guibert-Orgeas XVI, 74), a Venezia (Savioli XI, 71 e Zatta cl. 2.a, VII, '91). a Livorno (Masi XXII, ’91), a Lucca (Bonsignori XXIV, ’91), e altrove nel Settecento. - La presente ristampa fu compiuta principalmente sull’ed. Paperini, ma reca in nota le varianti delle altre edizioni. Le note a piè di pagina, segnate con lettera alfabetica, si trovano nell’edizione bettinelliana e furono ricopiate dal Goldoni nella paperiniana. Valgono le osservazioni già fatte per le precedenti commedie.