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LE DONNE GELOSE | 197 |
NOTA STORICA
Siora Lugrezia è una vedovella ancora fresca e piacente, che sa dove il diavolo tiene la coda, di modi sciolti quanto lo scilinguagnolo. I denari si direbbero il suo secondo sangue; e sfrutta con tali articine i suoi polli, che costoro si lasciano tranquillamente pelare senza muovere lagno. E lei infatti che strologa tre numeri sicuri a quello sciupone dell’orefice Boldo, il quale spera col lotto rimpannucciarsi; è lei che al merciaio Todero, giuocatore sfrenato, procurerà, verso pegno d’un codegugno, d’una camisiola e d’una scatola d’argento, trenta ducati contentandosi, poveretta, di riaverne quindici giorni dopo, soltanto quaranta; è ancora lei che a quel pazzarello di Baseggio in vena di spassarsi un’intiera notte al Ridotto, noleggerà per un solo filippo, appunto quel codegugno e quella camisiola, con cui trasvestirsi.
L’andirivieni continuo di uomini in casa sua termina però con l’ingelosire la moglie di Boldo, quella di Todero e l’innamorata di Baseggio, che mormora anche per proprio conto: «Malignaza! Tutti i omeni la li vol per ela». Eccole quindi in agguato a spiare i passi dei creduti traditori, un montarsi a vicenda, assalirla in tre ad un tempo quando essa, un po’ prima di recarsi mascherata al Ridotto, va a salutare la moglie del merciaio. E un crescendo rossiniano d’improperie comicissimo; ma siora Lugrezia sa grazie a Dio in quali panni si trova, non teme le tre congiurate se anche fossero dieci, si rimbocca le maniche, e minacciandole con uno stilo, grida loro: «Mi dei vostri marii no so cossa fargliene! Matte, zelose, inspiritae! Ma saveu perchè se zelose? Perchè sè brutte!» Dopo la quale stilettata sul serio, s’avvia al Ridotto. Ma qui pur quelle femmine danno la lor capatina, a scoprire nuovo terreno; e qui ripullulano i sospetti e i rovelli, avendo siora Giulia occhieggiato nelle mani di quella volpe la scatola di Boldo suo marito, e siora Tonina vedutala stare a crocchio col proprio; i contrattempi e gli equivoci si moltiplicano, finchè... ogni cosa viene in chiaro, e termina allegramente, avendo per merito della nostra Lugrezia vinto sior Boldo il sospirato ternetto, sior Todero ricuperati con le carte bei duecento zecchini, e l’Orsetta potendo sposarsi al suo Baseggio.
È questa una commediola, oltrecchè «veneziana, venezianissima» qualmente scrive lo stesso Goldoni (Ed. Paperini, t. IX), gaia e graziosa, dove