Le cento novelle antiche/Novella XXXVI

Novella XXXVI

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Novella XXXV Novella XXXVII
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Qui conta come uno re crudele perseguitava i cristiani.


NOVELLA XXXVI.


Fue uno re molto crudele, il quale perseguitava il popolo di Dio. Et era la sua grandissima potenza, e neente poteva acquistare contro a quel popolo, però che Dio l’amava. Quel re ragionò con Balaam profeta, e disse: dimmi, Balaam, che è ciò delli miei nemici? Sono assai io più poderoso di loro, e non posso loro tenere niuno danno? E Balaam rispose: messere, però che sono popolo di Dio. Ma io farò così, che io andrò sopra loro, e maladicerolli, e tu darai la battaglia, et averai sopra loro vittoria. Salio questo Balaam in su uno asino; et andò su a uno monte. Il popolo era quasi che giù al piano; e quelli andava per maladirli dissù il monte. Allora l’angelo di Dio li si fece dinanzi, e non lo lasciava passare. Et elli pungea l’asino, credendo che ombrasse; e quelli parlò: non mi battere, chè veggio qui l’angelo di Dio con una spada di fuoco in mano, che non mi lascia andare. Allora lo profeta Balaam guardò, e vide l’angelo. E l’angelo parlò: che è ciò che tu vai a maledire il popolo di Dio? Incontanente lo benedi’, se tu non vuoli morire, come tu ’l volevi maledire. Andò il profeta, e benedicea lo popolo di Dio; e lo re dicea: che fai? questo non è maladire. E que’ rispose: non può essere altro, però che l’angelo di [p. 56 modifica]Dio il mi comandò. Onde fa così. Tu hai di belli femine: elli n’hanno dischesta1. Tonne una quantità, e vestile riccamente, e poni loro da petto una mosca2 [p. 57 modifica]d’oro o d’ariento, cioè una boccola con un fibbiaglio, nella quale sia intagliata l’idola che tu adori (che adorava la statua di Mars), e dirai così loro, ch’elle non consentano, se non promettano di adorar quella statua e figura di Mars. E poi quando averanno peccato, io avrò balia di maladirli; e lo re così fece. Tolsero di belle femine in quello modo, e mandolle nel campo. Li uomini ne erano vogliosi; consentivano et adoravano l’idole, poi peccavano con loro. Allora lo profeta andò, e maledisse il popolo di Dio, e Dio non li atoe3. E quello re diede battaglia, e sconfisseli tutti. Onde li giusti patiro la pena d’alquanti che peccaro. Ravvidersi, e fecero penitenzia, e cacciaro le femine, e riconciliarsi con Dio, e tornaro nella loro libertade.

Note

  1. dischesta. In Franco Sacchetti (nov. 155) ha questo passo: “e per dischiesta di medici, in poco tempo pagò il ronzino„; e nel margine v’è notato: “contrario d’inchiesta; cioè per non aver fatto ricerca di buoni medici.„ Io non credo che nel presente luogo possa aver questa significazione, primieramente perchè avere inchiesta per fare inchiesta e locuzione stranissima; e in secondo luogo perchè essendone essi vogliosi, come si dice appresso, pare anzi che avessero a farne inchiesta. Credo piuttosto che qui dischesta corrisponda al disette de’ Francesi, e vaglia scarsezza, penuria. Se costoro aveano penuria di belle femine, ben è chiaro che doveano esserne vogliosi.
  2. una mosca d’oro. Che si appenda una mosca d’oro per monile non par cosa strana, sapendosi che dagli Egiziani si appendevano al collo scarafaggi d’oro. Quello che pare strano si è che s’intagli la figura di Marte dentro della figura d’una mosca. Questa incongruenza sarebbe tolta via, se invece di mosca si leggesse nusca: e però questa lezione potrebbe parer più ragionevole e naturale che l’altra. Nusca, nuscua, nosca, voci di barbara latinità, vagliono fibula lunula, ecc., come si può vedere nell’opera di Gio. Vossio De vitiis sermonis et glossematis latino-barbaris (facc. 253). Anche in un antico volgarizzamento della Bibbia MS. quelle parole della cantica Cap. I. Collum tuum sicut monilia sono tradotte: lo collo tuo è bello siccome le nusche. E quell’altre del Cap. VII. Juncturae femorum tuorum, sicut monilia quae fabricata sunt manu artificis: le giunture de’ femineschi tuoi, siccome nusche che sono fabbricate per mano dell'artefice. Niente di meno si è ritenuta la lezione del Benedetti, e per quanto strano possa parere quell’intaglio della figura di Marte in una mosca d’oro, di così fatti ghiribizzi e de’ maggiori ne vediamo anche oggidì: e senza necessità non si dee cangiar nulla di proprio arbitrio nel testo degli autori, comechè apparisca che stesse meglio.
  3. non li atoe. Atare è verbo antiquato. Usasi tuttavia da’ contadini anche oggidì in molti luoghi della Toscana.