Le cento novelle antiche/Novella XCIX
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Qui conta una bella novella d'amore.
NOVELLA XCIX.
Un giovane di Firenze amava carnalmente una gentile pulzella. La quale non amava neente lui, ma amava a dismisura un altro giovane, lo quale amava anche lei, ma non tanto ad assai quanto costui1. E ciò sì parea, che costui n’avea lasciata ogni altra cosa, e consumavasi come smemorato; e spezialmente il giorno ch’elli non la vedea. A un suo compagno ne ’ncrebbe. Fece tanto che lo menò a un suo bellissimo luogo; e là tranquillaro quindeci dì. In quel mezzo la fanciulla si crucciò con la madre. Mandò la fante, e fece parlare a colui cui amava, che ne voleva andar con lui. Quelli fu molto lieto. La fante disse: ella vuole che voi vegniate a cavallo già quando fia notte ferma; ella farà vista di scendere nella cella: apparecchiato sarete all’uscio, e gittaravvisi in groppa: ella è leggiera, e sa ben cavalcare. Elli rispose: ben mi piace. Quando ebbero così ordinato, fece grandemente apparecchiare a un suo luogo. Et ebbevi suoi compagni a cavallo, e feceli stare alla porta, perchè non fosse serrata. E mossesi con un fine ronzone, e passò dalla casa. Ella non era ancora potuta venire, perchè la madre la guardava troppo. Questi andò oltre per tornare a’ compagni. Ma quelli che consumato era in villa, non trovava luogo. Era salito a cavallo. E ’l compagno suo nol seppe tanto pregare che ’l potesse ritenere, e non volle la sua compagnia. Giunse quella sera alle mura; tutte le porte erano serrate, ma tanto accerchiò che s’abbattè a quella porta ove erano coloro. Entrò dentro: andonne verso la magione di colei, non per intendimento di trovarla nè di vederla, ma solo per vedere la contrada. Essendo ristato di rimpetto alla casa, di poco era passato l’altro. La fanciulla disserrò l’uscio, e chiamollo sotto boce, e disse che accostasse il cavallo. Questi non fu lento; accostossi. Et ella li si gittò giustamente in groppa, et andaro via. Quando furo alla porta, li compagni dell’altro non li diedero briga, chè nol conobbero. Perocchè, se fosse stato colui cui elli aspettavano, sarebbe ristato con loro. Questi cavalcaro ben dieci miglia, tanto che furo in un bello prato intorniato di grandissimi abeti. Smontaro, e legaro il cavallo a un albero; e prese a basciarla. Quella il conobbe. Accorsesi della disavventura. Cominciò a piangere duramente. Ma questi la prese a confortare lagrimando, et a renderle tanto onore, ch’ella lasciò il piangere, e preseli a voler bene, veggendo che la ventura era pur di costui, et abbracciollo. Quell’altro cavalcò poi più volte, tanto che udì il padre e la madre fare romore nell’agio2, et intese dalla fante come ella n’era andata in cotal modo. Questi sbigottì. Tornò a’ compagni, e disselo loro. E que’ risposero: ben lo vedemmo passar con lei, ma nol conoscemmo; et è tanto che puote bene essere allungato, et andarne per cotal strada. Misersi incontanente a tenere loro dietro. Cavalcaro tanto che li trovaro dormire così abbracciati; e miravanli per lo lume della luna ch’era apparito. Allora ne ’ncrebbe loro disturbarli, e dissero: aspettiamo tanto ch’elli si sveglieranno, e poi faremo quello ch’avemo a fare: e così stettero tanto che ’l sonno giunse, e furo tutti addormentati. Coloro si svegliaro in questo mezzo, e trovaro ciò ch’era. Maravigliarsi. E disse il giovane: costoro ci hanno fatta tanta cortesia, che non piaccia a Dio, che noi li offendiamo. Ma salio questi a cavallo, et ella si gittò in su un altro de’ migliori che v’erano, et andaro via. Quelli si destaro, e fecero gran corrotto, perchè più non li potevano ir cercando.