Le Ricordanze (Rapisardi 1894)/Parte seconda/Villeggiatura
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VILLEGGIATURA
Lungi da me ten vai,
Spensierata fanciulla,
E cerchi i campi e l’aure
Profumate d’april lungi da me;
Spensierata, non sai,
Che nero è il cielo e la campagna è brulla
Dove l’amor non è?
Sorgi, se vuoi, co’ primi
Raggi del dì sereno,
E agl’indiscreti zeffiri
Il tesoro consenti aureo del crin;
Di zàgare e di timi
Colma il tuo grembiuletto, ed orna il seno
Più fresco del mattin.
Forse allor che dai fiori
Il raggio ultimo invola
La sera, e al malinconico
Sguardo degli astri luccica il sentier,
Stanca dei lunghi errori,
Avrai paura di trovarti sola
Sola col tuo pensier.
Un suon d’ale, un canto
Vago per l’aere, e come
In un immenso talamo
Susurri e baci udrai d’astri e di fior;
Ma tu soletta intanto
Ricche ricche di serti avrai le chiome,
E vôto vôto il cor.
Ecco, al gentil richiamo
La vispa forosetta
Sorge all’aperto, e trepida
Su la siepe dell’orto il suo garzon:
— Oh! vieni, io t’amo, io t’amo,
Lascia i silenzj della tua casetta,
Odi la mia canzon! —
Tu forse allora udrai,
Spensierata fanciulla,
Correr per l’aure un gemito
Che al solingo tuo cor parli di me;
E allora, allor saprai,
Che nero è il cielo e la campagna è brulla
Dove l’amor non è.