Le Ricordanze (Rapisardi 1894)/Parte seconda/Un astro
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UN ASTRO
Ella dicea: — Da questa ultima e bruna
Terra, ov’io traggo i dì sola e dolente,
L’astro ti chiamo della mia fortuna,
Pietoso astro nascente.
Ed or che lungi dal mio patrio tetto
Come rondine io vo di lido in lido,
A te rivolgo il mio segreto affetto,
Con te piango, o sorrido.
Ai misteri del ciel mi spingo ardita,
Erro i campi dell’aria, e mi confondo:
Chi sa, quale tu sia, luce infinita,
Nell’armonia del mondo!
Forse remote da quest’aure impure
Hanno l’anime in te gaudio perenne:
Occhio eterno del ciel, potessi io pure
A te drizzar le penne;
E, scosso il peso del natio dolore,
Per cui vivo quaggiù stanca e delusa,
Circonfondermi anch’io del tuo splendore,
Essere in te confusa! —
E con l’arcana melodia, che ignora
Sol nel mondo l’abjetta alma e la rea,
Così a la giovinetta anima allora
Il bianco astro dicea:
— Solo, al pari di te, per questa eterna
Solitudine io vo’ nel ciel disperso;
Nè la vita mi giova e la superna
Luce che intorno io verso.
Ah, non sai tu, ch’ogni creata cosa,
Come provvide il ciel, sente e favella?
C’ha linguaggio d’amor l’astro e la rosa,
La brina e la procella?
Giovinetta, a te caro è in su la sera
Questo cielo ov’io splendo, ed io fra tanto
Lascerei questa luce e questa sfera
Sol per venirti accanto;
E, il mio fato obliando e i raggi miei,
Del tuo mondo sfidar gli affanni e l’ire;
Solo un giorno per te viver vorrei,
Dir: t’amo, e poi morire. —