Le Ricordanze (Rapisardi 1894)/Parte seconda/Alla Natura

Parte seconda - Alla Natura

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Parte seconda Parte seconda - Un astro

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ALLA NATURA


per un congresso di naturalisti in catania




E a te, diva Natura,
     Libero sorga un cantico
     Dal mio petto fedel,
Sia che remota e scura
     Volga pel mar dell’essere,
     Sia che t’assenta a noi scevra di vel.

Di falsi idoli ai piedi
     Chinar non vo’ l’indocile
     Fronte devota a te:
Tu che su tutto siedi,
     Una, diversa, onnigena,
     Inni e culto tu sola avrai da me.

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Sul tuo carro di stelle
     Muta procedi, e il pallio
     Serri al virgineo sen;
Danzan leggiadre e snelle
     L’Ore ai tuoi passi, e versano
     Per le vaste regioni ombra e seren.

Sotto al tuo ferreo trono,
     Come bendate vittime
     Presso il fumante altar,
Servi e costretti sono
     L’ire dei nembi e i fulmini,
     E le insidie e i selvaggi odj del mar.

Tu parli, e pe’ profondi
     Spazj fecondo s’agita
     Il tuo soffio vital;
Sorgon pianeti e mondi
     Ad intrecciar le lucide
     Danze intorno alla tua fronte immortal.

Fremi, e da’ morti abissi
     Balzan vulcani, e mugola
     Il riverso oceàn;
Cadon confusi e scissi
     Popoli e mondi, e placida
     Tu sui nembi passeggi e l’uragan.

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Ma allor che sulla bocca
     T’arde, qual raggio d’iride,
     Un sorriso gentil,
Amor, che i dardi scocca,
     L’anime accende, e il fremito
     Sente la terra del fiorito april.

Così tu regni. Poco
     È al tuo possente imperio
     Lo spazio e l’avvenir;
Son tuo trastullo e gioco
     Gli astri, gli abissi, i secoli,
     L’albe e i tramonti, il vivere e il morir!

Salve! Dal carcer nero
     Ove, superbi Enceladi,
     Veniam teco a tenzon,
Al tuo nume severo
     Prostro io la faccia, e trepida
     Alzo la voce della mia canzon!

Salve! Se lieta e pia
     Mai concedesti all’italo
     Genio un tuo raggio sol,
Or dà’ che questa mia
     Patria il fulgido
     Serto e il novo pensier liberi a vol.

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Mira! Al tuo culto eletti
     Qui manda Ausonia i provvidi
     Figli del suo saper;
Da sacro amor costretti,
     La grande ombra d’Empedocle
     Dal fiammante li chiama ampio cratèr.

Sorridi, o Dea, sorridi,
     Sia che dall’Etna fumido
     T’amiamo oggi invocar,
O dai pomosi lidi,
     Da cui fuggente e pallido
     Scagliossi il poveretto Aci nel mar.

Vedremo ai tuoi benigni
     Lumi svelar più docili
     Tesori il Mongibel:
Quanti ha zolfi e macigni
     Nelle ferventi viscere,
     Quante ha sabbie sul dorso aspro di gel.

In vorticosi balli
     Verran l’onde dal Càmmaro
     Liete a lambirci il piè;
Di conche e di coralli
     Ne verseran le Najadi
     Da’ ricolmi canestri ampia mercè.

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Dal viso tuo redenti
     Potrem del Ver su l’ardue
     Cime acquetarci allor;
E a le stupite genti
     Schiuderà il Genio italico
     Nuovi Olimpi di gloria e di splendor!