Le Ricordanze (Rapisardi 1894)/Parte prima/A fanciulla inferma
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A FANCIULLA INFERMA
Sotto la tersa coltrice
Del tuo modesto letticciuol giacevi,
O sofferente giovinetta, e quanta
Pietà mi vinse da quell’ora il petto
Del tuo stato infelice,
Il mio labbro non dice. Era il tramonto,
E pel cheto villaggio
Incoronato del novello aprile
Spargean l’imbalsamata aura gli aranci;
Dalla vicina festa
Reddían le allegre villanelle a schiere
Cinte di fior’ la testa,
Ricordando un furtivo
Guardo d’amore e un tenero saluto
E lo splendor de’ ceri e degli arredi
Della parata pieve
E il patetico accento
Del pio predicatore.
In abito festivo
Torna anch’esso l’assiduo zappatore,
A cui non lieve ingombro è per la via
L’insolito calzare;
Su la tarda asinella
Mogio e satollo avanzasi il pievano,
A cui scalzo ed ansante
Vien dietro per l’obliqua erta il garzone,
Con la verga pungente e con la voce
L’asin sollecitando al suo padrone.
In quell’ora di festa al tuo romito
Casolare venn’io: dolce ai dolenti
Dei dolenti è il ritrovo. Al limitare
Corsemi incontro il povero mastino,
Adulandomi intorno
E ai piedi miei sdrajandosi supino.
Deserto era il cortile,
E su l’incolta ajuola,
Già dolce cura di tua man gentile,
Morían le frondi e i fiori;
Solo su l’infrequente uscio, ondeggiando
Al rezzo vespertino,
Qualche pallido fior piovea da’ rami
Il lento gelsomino.
Al tuo vegliato capezzal sedea
L’addolorata madre,
Spesso volgendo il ciglio
A una pietosa immagin di Maria,
C’ha tra le braccia il figlio.
Lesta intorno venía
L’affettuosa tua sorella intesa
Ai pietosi servigj; in su la porta
Siede il buon genitore, e sottovoce
Ripiglia il fratellino,
Che ruzza dietro all’infedel micino.
Della lucerna al tremolante raggio
Vidi il bianco tuo volto e il fuggitivo
Lume degli occhi tuoi
E le diffuse chiome
E l’aereo sorriso. Oh dimmi, a quali
Fantasime di ciel guardi e sorridi,
Candida giovinetta?
Qual ti lusinga mai viso e splendore
Di sempiterni lidi,
Che ad occhio di felici Iddio contende?
Qual su le tacit’ali
Invisibile a noi spirto d’amore
Per le sedi degli astri amor t’insegna?
Dunque di questa nova
Primavera terrena,
Ove più agli occhi tuoi vita non splende,
Ne fuggirai per sempre?
Dunque sol dura prova
D’infinito dolore
Degni del ciel ne rende?
Deh! se per lunga passíon si trova
Oltre i lacci del mondo amore e luce,
Al luminoso e santo
Volo, o fanciulla mia, tu mi sia duce,
Chè amore io cerco, e lungamente ho pianto!