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A FANCIULLA INFERMA
Sotto la tersa coltrice
Del tuo modesto letticciuol giacevi,
O sofferente giovinetta, e quanta
Pietà mi vinse da quell’ora il petto
Del tuo stato infelice,
Il mio labbro non dice. Era il tramonto,
E pel cheto villaggio
Incoronato del novello aprile
Spargean l’imbalsamata aura gli aranci;
Dalla vicina festa
Reddían le allegre villanelle a schiere
Cinte di fior’ la testa,
Ricordando un furtivo
Guardo d’amore e un tenero saluto