Le Ricordanze (Rapisardi 1894)/Parte prima/A Ghita
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A GHITA
Fior d’albicocco, mandorla non colta,
Grappolo d’uva che s’indora al sole,
Spiga di grano tra le foglie accolta,
Mazzo di gelsomini e di viole,
Gelso che mette il fior la prima volta,
Cestolin di ciregie e d’azzaruole,
Mela appiòla, dattero sul ramo,
Ghita gentil, cor del mio core, io t’amo!
Sul muricciòl de l’orto abbandonato
Sente il rovo l’aprile e mette il fiore;
Così dal gelo del dolor serrato
L’aura dell’amor tuo sente il mio core;
Rondinella, che torna al nido amato,
Allegramente pispiglia d’amore;
Quand’io specchio nei tuoi quest’occhi in pianto,
Men flebile di pria suona il mio canto.
Canto, ma un cieco male, una secreta
Mestizia il fior della mia vita adugge;
Come vana di sogno immagin lieta,
Ogni più cara illusíon mi fugge;
La giovinezza mia pallida, inqueta
Pel deserto del mondo erra e si strugge;
Arido è il labbro mio, trepida è l’alma,
Dolce mia Ghita, garzuolin di palma.
Pur, finchè te vedrò, dolce e sereno
Del mio nebbioso giorno unico raggio,
Il desiderio del mio cor fia pieno,
Sarà sparso d’un fiore il mio viaggio.
Ha le perle e i coralli il mar nel seno,
Le notti han gli astri, ha le rugiade il maggio:
Senza il tuo sguardo e il tuo sorriso, o pia,
Non avría stella o fior la vita mia.
E quando lungi dal tuo niveo fronte
Lungi mi sbalzeran mie sorti avare,
Uccellin diverrò che passa il monte,
Pesce diventerò che varca il mare;
T’aspetterò presso al romito fonte,
Poserò di tua porta al limitare;
Muoja con gli astri, o col Sol nasca il giorno,
Gentil mia Ghita, io ti verrò dintorno.
Ma se stanca una volta e infastidita
Del vegliante amor mio, ch’arde e non spera,
Negli occhi io ti vedrò, dolce mia Ghita,
Pria che trarre in dolor la vita intera,
Farfalla io diverrò lieve e romita,
Che cerca i fiori al dì, la morte a sera,
Farfalletta gentil, c’ha per costume
Di morire girando attorno al lume.