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Canto, ma un cieco male, una secreta
Mestizia il fior della mia vita adugge;
Come vana di sogno immagin lieta,
Ogni più cara illusíon mi fugge;
La giovinezza mia pallida, inqueta
Pel deserto del mondo erra e si strugge;
Arido è il labbro mio, trepida è l’alma,
Dolce mia Ghita, garzuolin di palma.
Pur, finchè te vedrò, dolce e sereno
Del mio nebbioso giorno unico raggio,
Il desiderio del mio cor fia pieno,
Sarà sparso d’un fiore il mio viaggio.
Ha le perle e i coralli il mar nel seno,
Le notti han gli astri, ha le rugiade il maggio:
Senza il tuo sguardo e il tuo sorriso, o pia,
Non avría stella o fior la vita mia.
E quando lungi dal tuo niveo fronte
Lungi mi sbalzeran mie sorti avare,
Uccellin diverrò che passa il monte,
Pesce diventerò che varca il mare;
T’aspetterò presso al romito fonte,
Poserò di tua porta al limitare;
Muoja con gli astri, o col Sol nasca il giorno,
Gentil mia Ghita, io ti verrò dintorno.