Le Laude (1915)/XCVII. Amaestramento al peccatore che se vole reconciliare con Dio

XCVII. Amaestramento al peccatore che se vole reconciliare con Dio

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XCVII. Amaestramento al peccatore che se vole reconciliare con Dio
XCVI. Excusazione che fa el peccatore a Dio de non poter far la penitenzia a la quale da lui è confortato XCVIII. Como la ragione conforta l'anima che retorni a Dio

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XCVII

Amaestramento al peccatore che se vole
reconciliare con dio1

     O peccator dolente, — che a Dio vuol retornare,
questa lauda t’ensegna — quello che déi fare.
     Tu déi esser pentuto — de tutto el tuo peccato,
e déilo confessare — col core umiliato,
e far la penitenza — sí como t’è comandato,
e, poi che l’hai lassato, — nol déi mai repigliare.
     Tu déi ben perdonare — a chi t’ha fatto offensanza
col core e con la bocca — senza niuna fallanza;
e se tu hai altri offeso, — déi cheder perdonanza
acciò che Iesú Cristo — ti degga perdonare.
     Se tu hai de l’altrui, — rendelo interamente,
quanto puoi piú cetto, — non lo ’nduciar niente;
e non ti confidare — né in figlio né in parente,
perché hanno costumanza — del troppo retardare.
     Tu déi recessare — onne ria compagnia,
per ciò che fa cadere — molto cetto in follia;
e costumar con buoni — che ti don buona via,
per la qual tu possi — l’alma tua salvare.
     La bocca déi aver chiusa — e la lengua affrenata,
e non li trar lo freno, — se non poche fiata;
e sempre sie sollicito — tenerla ben guardata,
per ciò che ha costumanza — de molto morsecare.

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     Chi la sua bocca ha aperta, — e la lengua tagliente,
molto legiermente — deventa maldicente;
ed onne ben che fai — poco ti vale o niente,
che la tua mala lengua — tutto tel fa furare.
     Al tuo corpo misero — non déi acconsentire,
per ciò che sempre vole — manecare e dormire,
e non cura niente — giamai a Dio servire,
en ioco ed in solazo — sempremai vorría stare.
     Fallo levar per tempo — senza nulla pigrezza,
e mettilo in fatica — che non li sia agevolezza,
e vallo recessando — d’onne carnal vaghezza;
se questo non li fai, — te fará tralipare.
     Falli fare astinenza, — che non sia piú goloso;
portar li panni aspri, — che non sia piú gioioso;
ed operare buone opere — che non stia piú ozioso,
e, perché è mal servo, — délo disciplinare.
     Tu déi stare affissato, — non déi gir molto atorno,
ché nuoce de vedere — le vanitá del monno;
non portar gli occhi in alto, — ma portali in profonno,
per ciò che son ladroni — de l’anima predare.
     Quello che l’occhio vede — sí lo riporta al cuore,
el falo repensare — de lo carnale amore,
e, poi che ci ha pensato, — sí retrova el pegiore,
e perciò è buona cosa — sempre l’occhio guardare.
     Tu déi guardar l’orecchie — da li mali udimenti,
e retener le mano — dai villan toccamenti,
e déi esser ben composto — nelli tuoi portamenti,
sí che onne om che ti vede — si possa edificare.
     Tu déi stare all’offizio — molto devotamente,
e de onne adversitate déi essere paziente;
ad qualunche te domanda, — rispondi umilmente,
ed onne intenza inutile,— quanto puoi, recessare.
     Non déi essere schifo, — né molto desdegnoso,
sí com’è lo zitello — che è superbo e lagnoso;
le mano déi aver larghe — e lo core pietoso,
ed onne cosa che dái, — molto volontier dare.

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     Le parole de Dio — volontier déi udire,
ed alti tuoi prelati — umilmente ubidire,
e li santi sacerdoti — in reverenzia avere,
perciò che son pastori — per l’anime salvare.
     E ciascuno in suo luoco — déi portare in amore,
e conservare pace — sempre nel tuo core,
ed onne altra persona — déi credere tuo migliore,
e ’n tutti li tuoi fatti — te déi umiliare.
     L’umilitate è quella — che fa essere amato,
e da Dio e dal mondo — essere esaltato,
e lo tuo core sempre — te fa aver consolato,
perciò la umilitate — molto la devi amare.
     Tu devi lo tuo core — conservare en netteza,
non li lassar pensare — nulla laida laideza,
acciò che possi fare — piú degna peniteza,
en nullo male amore — te devi delettare.
     La tua confessione — déi far molto spesso,
e li tuoi offendimenti — déi dicere tu stesso,
acciò che Cristo Dio — sempre ti stia dapresso,
de li suoi benefizi — lo déi regraziare.
     Tu te déi sforzare — de gire sempre inanti,
e non tornare endrieto — sí como fon li granchi,
acciò che tu aggi — la corona de li santi,
nel ben c’hai cominciato — devi perseverare.

  1. Queste cinque laude proxime sequente erano nel libro tedino in fine [Nota del Bonaccorsi].