Le Ferrovie/Lezione III
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LEZIONE III
Il funzionamento delle ferrovie.
Le stazioni. — I punti ove i treni si arrestano per prendere o lasciare i viaggiatori e le merci, dove i treni di opposta direzione s’incrociano, oppure un treno di lenta andatura cede il passo ad un altro treno più celere proveniente dalla direzione stessa, si chiamano stazioni. Queste sono costituite da impianti modestissimi se servono piccoli centri abitati, ma giungono ad assumere un’importanza straordinaria quando sono destinate ad una grande città, dove arrivano e partono migliaia di viaggiatori al giorno o arrivano e si spediscono migliaia di tonnellate di merci.
Nel caso più semplice di una piccola stazione su linea a un solo binario, occorrono almeno due binari: solo in tal modo è possibile fare l’incrocio dei treni. Vi è poi sempre un piccolo fabbricato in cui i viaggiatori attendono l’ora di partenza del treno, acquistano i biglietti, depositano i loro bagagli. Un altro fabbricato è destinato al ricovero delle merci che vengono consegnate per la partenza o giungono coi treni. Di solito un binario apposito si stacca dagli altri due e va presso il magazzino delle merci, perchè vi si possano portare i carri e caricarli o scaricarli con comodità e sollecitudine.
Ogni binario è congiunto all’altro per mezzo di uno scambio, apparecchio semplicissimo, di cui tutti avete già l’idea. Esso componesi in sostanza di due pezzi di rotaie appuntiti, detti aghi, che si possono spostare in maniera da mandare i veicoli su l’uno o su l’altro dei due binari da congiungere. Ma quale importanza ha nell’esercizio ferroviario questo semplicissimo apparecchio! Basta che l’agente incaricato di manovrarlo sbagli nello spostar la leva, perchè si verifichi un irrimediabile disastro, come avviene tutte le volte che un treno in arrivo a grande velocità anzichè su un binario libero è mandato su un binario occupato da altro treno.
Altro mezzo per congiungere fra loro più binari è quello delle così dette piattaforme girevoli, consistenti in grandi piastre circolari, portanti due tronchi di binari in croce e che possono girare su se stesse, intorno ad un perno centrale. Con questo altro apparecchio, anch’esso assai semplice, un veicolo può passare da un binario all’altro che sia perpendicolare al primo, oppure, se le piattaforme son due, da uno ad altro di due binari paralleli.
Quando non si tratta più di una piccola stazione, ma di una stazione destinata al servizio di una città importante, allora occorrono moltissimi binarii e generalmente si fanno le stazioni per viaggiatori separate da quelle per le merci. Se si tratta di città grandissime allora una sola stazione non basterebbe e occorre farne diverse fra loro collegate. Londra ha 9 stazioni, Parigi ne ha 7 ed altrettante ne ha Berlino. Gli edifici per i viaggiatori assumono allora straordinaria importanza e presentano grandi sale di aspetto per i viaggiatori, locali da caffè, vasti atrii per la vendita dei biglietti, spaziose sale per la consegna e il deposito dei bagagli. In queste stazioni, percorse continuamente da treni a forte velocità, sarebbe pericoloso lasciare che i viaggiatori attraversassero i binari e perciò vi si praticano passaggi sotterranei, che permettono di andare senza pericolo da un binario all’altro. Si ha poi cura di disporre le cose in modo che i viaggiatori in partenza non si incontrino mai con quelli in arrivo, in modo che le due correnti possano procedere senza incagliarsi l’una coll’altra e con quella sollecitudine che tutti portano nel viaggiare.
Una categoria di stazioni poco conosciuta, perchè posta fuori del contatto del pubblico è quella delle così dette stazioni di smistamento, le quali servono a raccogliere tutto il traffico di merci affluente in un grande nodo ferroviario, per poi ripartirlo nelle sue diverse direzioni. Queste stazioni sono generalmente costituite di quattro parti. Un primo grande fascio di binari è destinato a ricevere i treni man mano che arrivano dalle diverse linee. Un secondo fascio ha la funzione di separare i veicoli costituenti i vari treni arrivati in tanti gruppi quante sono le linee per le quali essi sono destinati. Un terzo fascio serve a porre in ordine i vari veicoli di un treno in maniera che si seguano, a cominciare dalla locomotiva, nello stesso ordine in cui si succedono le stazioni della linea e questo per render più sollecite le manovre che in ogni stazione van fatte per lasciare i carri ivi destinati.
Un quarto ed ultimo fascio raccoglie i treni così formati e li trattiene, in attesa che giunga l’ora della partenza.
La separazione dei veicoli si fa generalmente a gravità. Il binario centrale del fascio, al quale fanno capo tutti gli altri, si dispone a schiena d’asino, in modo cioè che da un lato presenti una pendenza molto sentita, dall’alto della quale si abbandonano ad uno ad uno i carri, sui quali preventivamente è stato scritto col gesso, per norma dei deviatori, il numero del binario dove deve andare a fermarsi. Così il carro va da sè al suo posto e se tarda ad arrestarsi o corre con tale velocità da far temere che urti troppo violentemente contro gli altri veicoli fermi, viene frenato per mezzo di staffe metalliche poste sul binario, che abbracciano le ruote e le fermano.
In queste grandi stazioni di smistamento, di cui Milano ci dà l’esempio con la stazione del Sempione, giungono più migliaia di carri al giorno e vengono rapidamente selezionati e rimessi in cammino.
I treni. — Chiamiamo treno l’insieme di una locomotiva e più veicoli che devono fare un percorso determinato fra più stazioni. Di solito i treni non trasportano che viaggiatori o merci e perciò si dividono nelle due categorie di treni viaggiatori e treni merci, i primi marcianti a velocità assai maggiore degli altri. I treni si dividono pure in diretti ed omnibus: si dà il primo nome ai treni che si fermano solamente in alcune stazioni importanti e nelle altre passano senza arrestarsi, il secondo a quelli che fermano in tutte le stazioni. Naturalmente, sopprimendo le fermate nelle stazioni secondarie, si risparmia gran tempo e si rende il viaggio più celere. Vi sono anche dei treni direttissimi che si fermano ancor meno dei diretti e dei treni accelerati, i quali rappresentano qualche cosa di intermedio fra i diretti e gli omnibus.
I treni si pongono in marcia tutte le 24 ore, secondo l’orario prestabilito, ma in occasioni straordinarie, quando si tratta di provvedere ad un bisogno che sorge improvviso e pel quale non bastano i treni previsti in orario, si ricorre a convogli speciali.
I treni hanno origine e termine in stazioni molto importanti, che generalmente sono stazioni estreme di una linea; perciò si dice che ogni linea ha i suoi treni. Ma perchè un viaggiatore che deve compiere un lungo viaggio non sia obbligato a fare lunghe fermate nelle stazioni capolinea, gli orari sono studiati in modo che fra i treni in arrivo di una linea e quelli in partenza per un’altra non vi sia grande intervallo di tempo. Ciò si dice fare i treni in coincidenza.
La velocità dei treni dai primi tempi delle ferrovie ad oggi è cresciuta di molto. Si tenga però presente che vi sono da considerare due velocità, quella di marcia e quella commerciale, nome che si dà alla velocità calcolata in base al tempo che il treno impiega per andare dalla stazione di partenza alla stazione di arrivo, fermate comprese. La velocità commerciale, che è la sola di cui s’interessa il viaggiatore, riesce tanto più elevata quanto maggiore è la velocità di marcia e meno numerosi e prolungati sono gli arresti. La tendenza attuale è perciò non soltanto di fare locomotive a grande velocità di marcia, ma anche di ridurre più che si può il numero delle fermate per i treni importanti e di lungo percorso. Ma, a parte il servizio dei viaggiatori, i treni debbono fermarsi per esigenze proprie, la più importante delle quali è la necessità che hanno le locomotive di rifornirsi di acqua. Una macchina da treno diretto ha bisogno — ad ogni 150, al più 200 chilometri di cammino — di rifare la sua scorta di acqua e perciò deve inevitabilmente fermarsi. A meno che non si ricorra, come fanno gl’inglesi e gli americani, ad un ingegnoso sistema, che sarebbe lungo descrivere, per mezzo del quale le macchine possono rifornirsi d’acqua durante la corsa.
La velocità di marcia raggiunta oggigiorno si aggira intorno ai 100 chilometri l’ora, mentre fino a vent’anni addietro difficilmente si raggiungevano i 70 chilometri. In alcuni paesi, come in Inghilterra ed in Francia, vi sono Società ferroviarie che posseggono locomotive capaci di fare 120 e 140 chilometri l’ora, ma ne fanno uso limitato alle comunicazioni di grandissima importanza, sia perchè i treni molto veloci possono correre senza pericolo soltanto su linee reativamente piane e col binario molto robusto, sia perchè l’esercizio a grande velocità riesce molto costoso. Quando non si badasse alla spesa si potrebbero fare treni anche assai più veloci degli attuali. Ad ogni modo la ferrovia è fra i mezzi di locomozione finora conosciuti quello che permette di raggiungere la più elevata velocità. È vero che all’automobile ed all’aeroplano si attribuiscono velocità superiori ai 150 chilometri, ma solamente in viaggi di prova, in concorsi o gare, mentre i limiti indicati per la ferrovia si riferiscono non più ad esperimenti, ma al comune servizio fatto ogni giorno per gli ordinari viaggiatori. Che se si volessero citare dei dati paragonabili a quelli delle corse automobilistiche ed ai circuiti aerei, basterebbe ricordare che in alcune esperienze fatte su una ferrovia elettrica presso Berlino si superò la velocità di 200 chilometri l’ora!
Anche in Italia esistono locomotive capaci di raggiungere e superare i 100 chilometri l’ora, ma, sia perchè le nostre linee sono piuttosto accidentate, hanno cioè molte curve strette e forti pendenze, sia perchè il binario non ha sempre una grande robustezza, non si sorpassa di regola la velocità di 90 chilometri l’ora; ma siamo in via di progresso ed è da ritenere che fra non molto avremo anche noi dei treni paragonabili a quelli francesi ed inglesi.
Molte volte si sente parlare di straordinarie velocità raggiunte dai treni americani, ma, a parte le esagerazioni della stampa, le notizie spesso si riferiscono a treni straordinari, fatti in occasioni eccezionali e non destinati al pubblico. La verità è che, in fatto di velocità dei treni ordinari, in America non si oltrepassano i limiti indicati per l’Europa.
I treni si compongono con una certa regola, vale a dire, la macchina si pone sempre in testa al treno e quanto al numero dei veicoli si fa in modo da non eccedere alcuni limiti variabili, secondo le condizioni della linea. Se si tratta di treni aventi carri merci e carrozze per viaggiatori (questi treni si dicono misti e si fanno soltanto su linee secondarie) i carri per le merci van messi subito dopo la locomotiva, per evitare le manovre con le carrozze dei viaggiatori nelle stazioni di passaggio. Per facilitare poi il servizio dei treni viaggiatori conviene raggruppare le carrozze della medesima classe, in modo che i viaggiatori possano trovar posto facilmente e senza perdita di tempo. Per ragioni analoghe, nei treni merci si pongono vicini i carri destinati alla stazione medesima, in maniera che vi possano essere lasciati con una sola manovra.
Il peso totale che può aver un treno dipende dalla potenza della macchina e dalla pendenza della linea, beninteso però che, essendo i treni viaggiatori assai più celeri, a parità di condizioni un treno di viaggiatori sarà sempre meno pesante di un treno merci. Ora che si costruiscono macchine potentissime per far fronte al traffico molto sviluppato, anzichè treni viaggiatori di 100 tonnellate o poco più, come si facevano una volta, e treni merci di 200 e 300 tonnellate, si fanno correntemente su linee piane treni viaggiatori di 300 e treni merci di 1000 tonnellate. In America, ricorrendo a locomotive giganti, si raggiungono limiti di peso assai più elevati.
Segnalazione. — I treni lungo la linea debbono restare fra di loro sempre ad una certa distanza e ciò perchè sia evitato il pericolo di scontro. Inoltre i treni non debbono entrare in una stazione, ove possono trovarsi altri treni, se non ne sono espressamente autorizzati. Ecco, quindi, la necessità per il personale della linea, delle stazioni e dei treni di scambiare fra di loro frequenti ordini e comunicazioni. Ma questo scambio deve avvenire in modo chiaro, rapido e senza pericolo che sorgano equivoci d’interpretazione, e spesso anche a distanza e quando i treni sono in piena corsa. Il linguaggio comune, non servirebbe, dunque, allo scopo, ma occorre un linguaggio convenzionale, composto, come nella marineria, di suoni e colori. I segnali ottenuti col suono o acustici hanno il difetto di essere istantanei e non lasciar traccia, quelli ottenuti coi colori (segnali ottici) hanno il vantaggio della permanenza, ma non richiamano l’attenzione del personale: spesso perciò un segnale ottico è sussidiato per uno stesso comando da un segnale acustico.
I colori nella segnalazione ferroviaria hanno in quasi tutti i paesi lo stesso significato: il rosso comanda l’arresto o indica pericolo, il verde consiglia precauzione, impone il rallentamento della marcia e in certi casi segnala la via libera, che è pure segnalata di notte dalla luce bianca: qualche altro colore, come l’aranciato, serve per indicazioni sussidiare quali, ad esempio, l’avviso o il preannunzio di altri segnali.
Il personale della linea per le segnalazioni eventuali si serve di bandiere di giorno e di fanali a luce colorata la notte, e per richiamar l’attenzione dispone di una cornetta a suono molto acuto. Quando però la nebbia non permetterebbe di percepire a distanza le bandiere o i fanali, si ricorre a piccole scatole fulminanti, dette petardi, che posati sulle rotaie esplodono al passaggio della locomotiva e avvertono quindi il macchinista di arrestare il treno.
Le stazioni sono difese stabilmente da segnali che servono a impedire o permettere l’entrata ai treni. Il segnale si dice chiuso quando segna via impedita ed aperto quando dà la via libera: per le piccole stazioni il segnale si tiene normalmente aperto, salvo a chiuderlo quando i binari sono occupati, ma la regola più comune è che resti ordinariamente chiuso e non si apra che per ordine espresso dal capo stazione.
Tutti conoscono la forma più comune del segnale che protegge le stazioni: è un disco dipinto in rosso che o si rivolge contro il treno, e allora gli comanda di arrestarsi, o si dispone parallelamente alla linea e allora dà la via libera. Modernamente, invece dei dischi, si adoperano spesso i semafori, alti alberi metallici, muniti di braccia dipinte in rosso, che prendono o la posizione orizzontale per indicare via impedita o quella inclinata per indicare via libera. Un semaforo ha spesso più braccia sovrapposte: in tal caso ogni braccio comanda ad un binario, secondo una facile regola che il personale conosce.
La segnalazione diventa complicatissima quando si tratta di grandi stazioni perchè i binarii su cui possono giungere i treni son molti e bisogna, naturalmente, evitare l’entrata di un treno su un binario che sia già occupato, ed evitare altresì che il treno in arrivo incontri sul suo cammino un qualsiasi ostacolo. La cosa sembra assai semplice, ma nel fatto è complicatissima, tanto che, malgrado le norme severissime dei regolamenti e l’attenzione costante del personale, fin sulle ferrovie meglio esercitate non si riesce ad evitare i disastri, di cui quotidianamente ci danno notizia i giornali. Ma se il movimento dei treni sulle ferrovie ha potuto raggiungere l’intensità che ha adesso, con pericolo relativamente assai lieve, ciò devesi alla introduzione di ingegnosi apparecchi di sicurezza, che purtroppo non si prestano ad una descrizione facilmente accessibile a tutti.
Basterà dire che ora in tutte le grandi stazioni gli scambi sono collegati ai segnali in maniera che non è possibile dar la via libera ad un treno se tutti gli scambi sul quale esso deve passare non sono nella giusta posizione e se i binari costituenti l’itinerario ch’esso deve percorrere non sono perfettamente sgombri. Scambi e segnali così collegati sono affidati ad un agente solo, che li manovra stando in una cabina elevata, dalla quale può seguire il succedersi spesso vertiginoso dei treni. Questi agenti sono garentiti da errori per virtù dei meccanismi, ma non per questo sono meno esposti ad un faticoso lavoro e ad una tormentosa attenzione, giacchè essi debbono non soltanto curarsi della sicurezza, ma osservare la regolarità e la puntualità, che costituiscono la preoccupazione costante dell’esercizio ferroviario.
Spesso dei segnali a semaforo si vedono anche lungo le linee: tali segnali servono a costituire quello che si dice il sistema di blocco. Il principio su cui si basa il sistema di blocco è di porre sulla linea tanti segnali a intervalli eguali fra una stazione e l’altra, e poi fare in modo che tra due segnali susseguentisi non vi sia mai più di un treno. Il pericolo di scontro si può allora considerare completamente eliminato.
Ogni segnale di blocco è affidato ad un agente ed i diversi agenti possono comunicare fra di loro per mezzo di un apparecchio di corrispondenza. Ognuno di questi agenti, detti guardablocco, non apre il segnale se non quando il compagno che sta dopo di lui lo avverte che il treno passato precedentemente è andato oltre il proprio segnale. Così lo scopo è ottenuto di impedire che più di un treno si trovi fra due segnali contigui.
Ma gli agenti potrebbero sbagliare: si fanno perciò intervenire nelle operazioni relative al blocco gli stessi treni, ricorrendo a contatti elettrici posti vicino alla rotaia che, manovrati dalle ruote della locomotiva, correggono o completano l’opera del personale.