Le donne che lavorano/XIII. La donna nella pittura e nella scultura

XIII. La donna nella pittura e nella scultura

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XIII. La donna nella pittura e nella scultura
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XIII.

La donna nella pittura e nella scultura.

Da poco tempo c’è in Europa un invasione di pittrici; si vedono salire i monti e le colline, vagare lungo le rive del mare e dei laghi azzurri trascinando dietro di sè cavalletti, scatole, sedie pieghevoli, soffermandosi per copiare qualche paesaggio che ha colpito il loro sguardo, oppure nelle chiese, nelle pinacoteche, nei musei, intente a copiare i capolavori dell’arte antica ivi raccolti.

Le donne che ora si dedicano alla pittura si contano a migliaia, non parliamo dell’America dove sono legione, dell’Inghilterra [p. 150 modifica] dove se ne contano più di 3000, ma anche da noi il loro numero aumenta tutti i giorni.

Di tutta questa schiera poche e soltanto rare eccezioni si elevano a certe altezze, ma molte mostrano della costanza nella ricerca del vero, forza di volontà per estrinsecarlo, serie attitudini per riuscire buone arliste, e i loro sforzi meritano d’essere incoraggiati. Onde è sperabile che in breve si possa vantare una legione di buone artiste, anche se non sorgerà quel genio che i detrattori del femminismo dicono impossibile esca dalla schiera muliebre.

È naturale che ci voglia molto tempo prima che la donna possa raggiungere certe altezze, dove giungono raramente anche gli uomini. Per troppi secoli è stata tenuta in soggezione e lontana dal mondo; sempre rinchiusa fra le pareti domestiche, è soltanto da pochi anni che venne ammessa a frequentare le scuole d’arte, le accademie, i musei; se la sua arte viene in generale [p. 151 modifica] trovata ingenua, timida, è naturale; è così di tutto quello che è giovane; non si può chiedere all’infanzia la sicurezza, il giudizio, l’abilità d’esecuzione che solo possono dare il lungo studio, la pratica e l’esperienza.

La donna appena entrata nel campo dell’arte non può essere subito maestra, quasi fosse uscita come Minerva armata dal cervello di Giove.

Se nei tempi in cui la donna era tenuta lontana dalle lotte della vita, la Vigée Lebrun, la Rosalba Carriera, Elisabetta Sirani, Caterina Vigri, Irene da Spilimbergo, le sorelle Auguissola, Marietta Roberti e molte altre ebbero un bel posto accanto ai pittori del loro tempo, possiamo trar da ciò buoni auspici per l’avvenire.

Nelle esposizioni, specialmente all’estero dove la donna è entrata nel campo dell’arte prima che da noi, c’è sempre qualche quadro femminile degno d’essere ammirato. Poi [p. 152 modifica] pare impossibile, ma per la donna si è molto esigenti, e se non presenta un capolavoro si conclude col mandarla a far la calza o a cullare i bimbi.

La grand’arte non è facile nè per gli uomini nò per le donne, e spesso volendo analizzare le opere maschili che pure colpiscono e fermano la folla, ci si troverebbe molto a ridire.

Bisogna poi notare che la donna deve già fare uno sforzo per liberarsi dai pregiudizi che la vorrebbero tener lontana da certi campi riservati finora all’uomo, il quale temendone la concorrenza tenta di porre ostacoli sul suo cammino; poi deve vincere la consuetudine che la tenne per tanto tempo legata alle cure domestiche e in questa lotta per emanciparsene consuma una parte della sua energia, tanto che pur avendo ingegno e amore all’arte non dovrebbe tentarla senza una gran forza di volontà e se non si sente il coraggio di resistere a [p. 153 modifica] delle disillusioni. L’arte non si acquista che a furia di fatica, di un lavoro incessante e di un saldo volere.

La donna più debole, ha maggiori lotte da sostenere e più numerosi nemici da combattere. Ma il miraggio dell’arte è così affascinante, le illusioni sorgono così smaglianti nelle fervide fantasie delle fanciulle, che troppe si lasciano attrarre da quel miraggio c tutte quelle che ne usciranno stanche, deluse, vinte, se la prenderanno col mondo, cogli uomini, infelici di non esser state comprese, non volendosi persuadere di aver voluto salire troppo in alto dove non avevano ali abbastanza forti per poter arrivare. Il conoscere sè stessi è la cosa più difficile, e più il campo aperto all’operosità femminile sarà vasto, più aumenterà il numero delle spostate, perchè tutte aspirano a giungere più in alto di quello che comporterebbe la loro natura c l’indole del loro ingegno. [p. 154 modifica]L’arte del pittore sembra facile, un po’ di tela e di colore e si dipinge quello che si vede; e con questo concetto imbrattano tele e perdono inutilmente un tempo prezioso.

Se pensassero quanto studio prima di poter riuscire a veder bene l’oggetto che vogliono dipingere e riuscire a disegnarlo in modo che la forma ne riesca perfetta, poi stabilire i rapporti di luce c di distanza cogli oggetti che lo circondano, e armonizzare i colori fra loro! È tutto un poema; bisogna tener calcolo della luce che cambia ad ogni istante, dell’aria che tutto riveste e circonda di sfumature indefinite, e di tutti questi elementi congiunti con arte formare un’armonia che accarezzi la vista e dia un godimento all’intellelto; non parlo poi della difficoltà di dar vita alle cose animate, di fare che il sangue vivo trascorra nelle vene, che negli occhi dei personaggi dipinti si legga un pensiero, s’indovini un’anima. E [p. 155 modifica] a tutto questo non si riesce che collo studio incessante, col sacrificio di sè stessi, colle sofferenze che si provano per mettere sulla tela, vive, le immagini dipinte nel cervello, tanto che è molto difficile che un’opera d’arte compensi tutto quello che è costata di sforzi e di dolori. Bisogna anche notare che la pittura per aver ragione di esistere deve esser buona.

A che può servire un brutto quadro? Voglio avere un’impressione di viaggio, un ritratto d’una persona cara? C’è la fotografia che serve assai meglio con minor fatica e maggior precisione; e come adornamento, una cosa brutta è inutile e riesce all’effetto opposto di quello che si desidera.

Non occorre ad un pittore essere Raffaello o Michelangelo, ma per la donna esiste già abbastanza diffidenza, ed ella dovrebbe abbandonare i pennelli quando s’accorge di non riuscire a varcare quella linea che [p. 156 modifica] pure senza pretendere al capolavoro, riesce a dare un godimento artistico e a soddisfare ad un bisogno. Però se si sente di passare quel punto che la mette al disopra della mediocrità, deve farlo con coraggio, esporre il quadro alla critica e non contentarsi degli elogi degli amici; chi ha paura del fuoco non vada in guerra, e non dipinga chi teme di vedersi rifiutare un quadro a qualche esposizione che deve essere la prova del fuoco per gli artisti novellini. Se poi trova compratori alle sue tele avrà ottenuto lo scopo di aver soddisfallo ad un bisogno e avuto profitto del suo lavoro.

Il segreto per farsi un po di largo fra gli artisti è dedicarsi al genere che meglio riesce alla propria indole senza voler aspirare a ritrarre soggetti difficili ed a raggiungere altezze impossibili. Nelle ultime esposizioni si è osservalo che la donna riesce molto bene nella natura morta, sa aggruppare i fiori con mollo gusto, li dipinge con [p. 157 modifica] freschezza di colore e con una certa vivacità da renderla maestra in quella specie di pittura.

È ciò, mi pare, un genere che potrebbe essere preferito dalla schiera femminile finché molti anni di studio e di vita indipendente non avranno fatta sparire la timidezza e la ingenuità che mostra nella pittura degli esseri animali. Se si contenterà di quello che può e sa fare la vedremo in breve prendere un bel posto nella pittura. Anche nelle scene eleganti, fine, aristocratiche, potrebbe facilmente riuscire come sempre, se procurerà di fare quello che veramente sente, senza sforzarsi a correr dietro ai soggetti che sono più in voga.

Un altro sbaglio è quello di credere che per aver un bel posto nell’arte ci sia bisogno di far dei quadri; per fortuna a quelle che si danno all’arte per chiederle il mezzo di vivere indipendenti, altre vie sono aperte, dove possono estrinsecare il loro gusto [p. 158 modifica] artistico e dove sicuramente trarranno maggior profitto che imbrattando tele le quali difficilmente trovano compratori; cioè dedicandosi all’arte industriale.


La scultura mi pare un’arte meno adatta alla donna della pittura: m’intendo della scultura vera come dovrebbe essere sempre, grandiosa, eroica, solenne.

La scultura deve esser tale da colpire colla grandiosità le persone meno raffinate, essa deve esser capita da tutti, arte nobile, grande, fatta coi mezzi più semplici.

Un masso di marmo informe, un po’ di creta lavorata e plasmata dalla mano dell’uomo, mutata in un’opera d’arte grandiosa che sfida i secoli, ecco dove l’uomo mostra la sua potenza creatrice.

La donna può riuscire anche nella scultura; qualche buona scultrice conta [p. 159 modifica] l'antichità e anche ai giorni nostri la signora Marami si è mostrata esperta in quest’arte, ma è un’arte faticosa, non è facile esercitarla in casa occorrendo molto spazio; poi si addice meno ad un essere delicato quale la donna, alle sue mani piccine usare lo scalpello e mettersi alle prese coi grandi massi di marno.

È vero che c’è la scultura da salotto: le statuette, i gingilli, ma sono più oggetti industriali che artistici; però, perchè valgano qualche cosa quelle statuette devono essere ben modellate ed esprimere un sentimento.

Qualche anno fa tra le signore ci fu un periodo di frenesia di modellare statuette di creta, in tutte le case era una invasione di fantocci stecchiti, che parevano di legno, non stavano in piedi, nei quali non erano osservate nè le leggi della statica, nè l’anatomia, dei veri mostri che facevano venir in uggia il dilettantismo e rimpiangere il [p. 160 modifica] tempo sprecalo in lavori inutili e bambineschi.

Ma il male è che la donna finora non è stata abituata a conoscere il valore del tempo, e tutte abbiamo sulla coscienza di averne sciupato tanto, cosa che non accadrà quando avremo imparato a far cose buone e il nostro lavoro ci potrà dare qualche godimento o venir pagato a contanti.

Bisogna pensare che quadri e statue non sono oggetti necessari e ve ne sono sempre più del bisogno, tanto che ogni anno migliaia ne rimangono invenduti perchè oggetti di lusso; ma vi sono altri campi nell’arte ove la donna potrebbe riuscire ad acquistarsi fama e quattrini.

Quasi tutte le graziose vignette che illustrano i giornali americani sono eseguite da donne, e il nome di Kate Greeneway s’acquistò fama nel mondo per le illustrazioni della vita dei bambini fatte con tanta grazia e tanto spirito, con le figurine vestite [p. 161 modifica] di costumi così artistici e originali, un genere tutto speciale che solo una donna c un’artista poteva trovare.

Essa con quel mondo infantile segnato appena da contorni semplici, con quel genere altrettanto artistico che femminile ebbe gloria e fortuna.

Vorrei che anche in Italia invece di tante imbrattatrici di tele, uscisse dalla schiera delle pittrici qualcuna che si dedicasse al bianco e nero, alle illustrazioni, arte più semplice ma vera arte e altrettanto difficile; perchè il dar vita al soggetto senza l’aiuto del colore, se è cosa meno complicata richiede però un disegno più perfetto e maggior intensità di pensiero. Occorrono, è vero, per riuscir bene molte qualità naturali e studi speciali, ma è un lavoro che una donna potrà fare tranquillamente senza abbandonare la casa, senza aver bisogno di molto tempo, di molto spazio e condizioni di luce speciali; [p. 162 modifica] e nel tempo stesso potrà ricavarne molto profitto.

Molte donne guadagnano da vivere dipingendo i figurini pei giornali di moda, altre fiori sui mobili e sui ventagli o sui vetri, insomma dedicandosi all’arte industriale e decorativa che prende sempre più voga ed è un nuovo campo aperto all’operosità femminile. Ora che la raffinatezza moderna vuole associato all’utile il bello, non c’è oggetto modesto d’uso comune che non possa venir decorato con gusto squisito. Basterebbe osservare gli oggetti etruschi, romani, pompeiani, di cui sono ricchi i musei del nostro paese per ricavare ispirazioni belle, per dar forma e decorazione ad arnesi di uso domestico; nuove forme e nuovi ornamenti possono essere aggiunti e creati dalle fervide fantasie femminili.

È un campo vasto infinito aperto alla donna nuova che abbia voglia di lavorare. [p. 163 modifica] Quelle mani esperte e delicate che seppero eseguire in ogni tempo nell’arte del ricamo e dei merletti delle cose pregiate e meravigliose, potranno in tutte le arti che hanno, per base il disegno dare una nota personale di gusto e d’eleganza.

Nel disegno industriale, negli smalti, nell’oreficeria, nella rilegatura dei libri le donne hanno già incominciato a far buona prova e da quello che si vede ora c’è da sperare molto nell’avvenire.

Basta che quelle che non hanno tutti i requisiti per riuscire nella grande arte, rinuncino coraggiosamente alle aspirazioni di gloria e si dedichino con amore e con gusto alle arti industriali, dove ci vogliono pure molte qualità per riuscir bene; faranno almeno cosa utile e potranno ricavare un guadagno che invano avrebbero potuto chiedere alla pittura o alla scultura.