Le Coefore/Ingresso del coro
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INGRESSO DEL CORO
Dodici ancelle, precedute da Elettra, tutte in brune vesti, en-
trano, e si recano dinanzi alla tomba d’Agamènnone, cantando
e compiendo lentissime evoluzioni. Elettra reca libami da versare
sulla tomba del padre: latte, miele, acqua, vino, olio, fiori.
CORO
Strofe I
Me dalla reggia inviano
25ad offerir libami; e qui con strepito
di palme acuto io mossi.
Su le mie guance lacere
vedi i solchi dall’unghie
or ora aperti e rossi.
30Si pasce il cuore di perenni gemiti;
e i brandelli svolazzano
delle strappate vesti
d’intorno a me: ché l’impeto
crudo su me piombò di casi infesti.
Anastrofe I
35Ché ben chiaro un fatidico
Nume dei sogni, irte le chiome, furia
spirante nel sopore,
piombò sovressi i talami
de le femmine; e un ululo
40per il notturno orrore
si levò quindi. E dissero gl’interpreti
dei sogni, al cui veridico
labbro gli Dei fan pegno,
che i morti da le tènebre
45contro chi li trafisse ardon di sdegno.
Strofe II
A offerir non grato dono, che lontano tenga il danno,
che lenisca il nuovo affanno,
qui mi manda un’empia femmina.
Terra madre, ah!, ch’io pavento,
50profferendo tale accento!
Quale riscatto esser può mai del sangue
piombato al suolo? Ahi!, lagrime
di questi lari! Ah!, crollano
già queste case! Tènebre
55or queste mura avvolgono,
poiché il Signore è morto,
tenebre infeste! Il Sol più non è sorto!
Antistrofe II.
Senza lotta, senza gara, senza freno, orecchie e menti
penetrava delle genti
60del Sovrano un dì l’ossequio.
Ma fruir simile onore
fa sgomento or qualche cuore!
Eppur divina cosa esso è fra gli uomini,
più che divina! Vigile
65Giustizia altri nel fulgido
giorno colpiva: l’impeto
sino al dubbio crepuscolo
sovr’altri essa ratterne;
altri avviluppa tènebra perenne1.
Strofe III.
70Pel sangue onde la terra alma s’abbeveri,
vindice strage attende, incancellabile.
E penosi cordogli
il colpevole straziano,
sí che ogni morbo sovra lui germogli.
Antistrofe III.
75Se vïolato fu vergine talamo,
farmaco non esiste. E in un solo alveo
rompendo i fiumi tutti,
invano cercherebbero
lavar la mano cui la strage brutti2.
Epodo
80Ed io, poi che addensar vollero i Numi
su la mia patria l’ultima sciagura,
e in servili costumi
me strinser, lungi alle paterne mura,
devo, dal giogo onusta,
85ogni cosa lodar, giusta od ingiusta.
Ed al mio cuore faccio forza, e tollero
l’amaro aborrimento.
E del mio re la sorte miserevole
lagrimo sotto il velo,
90per i nascosti algor’ fatta di gelo.
- ↑ [p. 275 modifica]Della mia interpretazione, come di quella di altri luoghi molto oscuri e discussi, renderò conto in uno scritto speciale. Qui mi sembra che Eschilo, con atteggiamenti immaginosi un po’ liberi, non strani nella sua arte, esprima il noto concetto che la Giustizia prima o poi colpisce, sebbene non a tempo prevedibile.
- ↑ [p. 275 modifica]Queste parole ricordano il famoso luogo del Macbeth, atto II: Will all great Neptune’s ocean wash this blood — Clean from my hand? —