Laude (1910)/Laude/Lauda XXI

XXI. De quello che domanda perdonanza da poi la morte

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XXI. De quello che domanda perdonanza da poi la morte
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De quello che domanda perdonanza da poi la morte.          .xxi.


     O Christo pietoso,       perdona el mio peccato,
     ch’a quella son menato       che non posso più mucciare.
Già non posso più mucciare,       ché la morte m’à ’battuto;
     tolto m’à el sollazare       d’esto mondo oue son suto;4
     non ho potuto altro fare       son denante a te uenuto;
     èlme oporto el tuo aiuto       ché l nemico uolme accusare.
Non è tempo auer pietanza       po la morte del peccato;
     facta te fo recordanza       che tu fusse confessato;8
     non uoleste hauer leanza       en quel che te fo comandato,
     la iustitia ha l principato       che te uole examinare.
Lo nemico sì cce uene       a questa entenzagione:
     o Signor, pregote bene       che m’entende a ragione;12
     che a questo homo s’auene       ch’io lo mene en pregione,
     s’io prouo la cagione       co el se dé condennare.
El Signor che è statera,       responde a questo dicto:
     la proua, se ella è uera,       entenderolla a districto;16
     ché onne bono homo spera       ch’io sia uerace & dricto;
     se ài el suo facto scricto       or ne di’ ciò che te pare.
Signore, tu l’ài creato       come fo tuo piacemento;
     de gratie l’ài ornato,       desteli descernemento;20
     nulla cosa ha obseruato       de lo tuo comandamento;
     a cui fece el seruemento       lo ne deue meritare.

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Ché molto ben sapea       quando tollea l’usura,
     al pouero sì daéa       molto manca mesura;24
     ma ne la corte mea       li farò tal pagatura
     ch’el non sentì ancura       de que i farò asagiare.
Quando altri li dicìa:       pènsate del finire,
     & quel se ne ridìa,       ché non credea morire;28
     cortese so a casa mia,       farollo ben seruire;
     poi ch’a mi uolse uenire,       non lo sappi arnunzare.
Se uedea assembiamento       de donne & de donzelli,
     andaua con stromento       con soi canti nouelli;32
     facea acquistamento       per lui de tapinelli;
     en mia corte ho fancelli       che gl’insegnaran cantare.
Se dico tutta storia,       mo è rencrescemento;
     ché pur de uanagloria       sarìa grande strumento;36
     perché gle torne a memoria,       facto n’ò toccamento;
     senza pagar argento,       la carta ne fei trare.
Facciane testificanza       l’angelo so guardiano,
     se ho decto in ciò fallanza       uerso quest’hom mondano;40
     credome en sua leanza,       ché l mentir non gli è sano;
     pregote, Dio sourano,       che me degi ragion fare.
L’angel uiene encontenente       a fare testificanza:
     sappi, Signor, ueramente       ch’egli à decto la certanza;44
     decto ha quasi niente       de la sua nequitanza,
     tenuto m’à en uilanza       mentre lo stei a guardare.
Respondi, o maluagione,       se hai nulla scusanza;
     far ne uoglio ragione       de que è facta prouanza;48
     non hauesti cagione       de far tal soperchianza;
     far ne uoglio uegnanza,       nol pos più comportare.
De ciò che m’è prouato       nulla scusanza n’agio,
     pregote, Dio beato,       che m’aiuti al passagio;52
     ché m’à sì empaurato,       menacciato del uiagio,
     sì è scuro suo uisagio,       che me fa angustiare.
Longo tempo t’ò aspectato       che te douessi pentire;
     con ragion sei condannato       che te déi da me partire;56
     del mio uiso sei priuato       che mai nol porrai uedere,
     fate gli auersere uenire       che l degian acompagnare.
O Signor, co me departo       da la tua uisione!
     co so adunati ratto       che me menino in pregione!60
     poi che da te me parto,       damme la benedictione,
     famme consolatione       en questo mio trapassare!
Et io sì te maledico       d’ogne ben si’ tu priuato!
     uanne, peccator inico,       che tanto m’ài desprezato!64
     se me fusse stato amico,       non sarìe così menato;
     a lo nferno sè dannato       eternalmente ad estare.

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El nemico fa adunare       mille de soi con forconi,
     & mille altri ne fa stare       che pagono co draconi;68
     ciascun lo briga d’apicciare       & cantar le lor canzone;
     dicon: questo en cor te poni,       ch’è t’opo con noi morare.
Con grandissima catena       strettamente l’on legato,
     a lo nferno con gran pena       duramente l’on menato;72
     poi gridan quelli con l’oncina:       èsciti fore, al condennato;
     tutto el popol s’è adunato       & nel foco el fon gettare.