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28 JACOPONE DA TODI

Ché molto ben sapea       quando tollea l’usura,
     al pouero sì daéa       molto manca mesura;24
     ma ne la corte mea       li farò tal pagatura
     ch’el non sentì ancura       de que i farò asagiare.
Quando altri li dicìa:       pènsate del finire,
     & quel se ne ridìa,       ché non credea morire;28
     cortese so a casa mia,       farollo ben seruire;
     poi ch’a mi uolse uenire,       non lo sappi arnunzare.
Se uedea assembiamento       de donne & de donzelli,
     andaua con stromento       con soi canti nouelli;32
     facea acquistamento       per lui de tapinelli;
     en mia corte ho fancelli       che gl’insegnaran cantare.
Se dico tutta storia,       mo è rencrescemento;
     ché pur de uanagloria       sarìa grande strumento;36
     perché gle torne a memoria,       facto n’ò toccamento;
     senza pagar argento,       la carta ne fei trare.
Facciane testificanza       l’angelo so guardiano,
     se ho decto in ciò fallanza       uerso quest’hom mondano;40
     credome en sua leanza,       ché l mentir non gli è sano;
     pregote, Dio sourano,       che me degi ragion fare.
L’angel uiene encontenente       a fare testificanza:
     sappi, Signor, ueramente       ch’egli à decto la certanza;44
     decto ha quasi niente       de la sua nequitanza,
     tenuto m’à en uilanza       mentre lo stei a guardare.
Respondi, o maluagione,       se hai nulla scusanza;
     far ne uoglio ragione       de que è facta prouanza;48
     non hauesti cagione       de far tal soperchianza;
     far ne uoglio uegnanza,       nol pos più comportare.
De ciò che m’è prouato       nulla scusanza n’agio,
     pregote, Dio beato,       che m’aiuti al passagio;52
     ché m’à sì empaurato,       menacciato del uiagio,
     sì è scuro suo uisagio,       che me fa angustiare.
Longo tempo t’ò aspectato       che te douessi pentire;
     con ragion sei condannato       che te déi da me partire;56
     del mio uiso sei priuato       che mai nol porrai uedere,
     fate gli auersere uenire       che l degian acompagnare.
O Signor, co me departo       da la tua uisione!
     co so adunati ratto       che me menino in pregione!60
     poi che da te me parto,       damme la benedictione,
     famme consolatione       en questo mio trapassare!
Et io sì te maledico       d’ogne ben si’ tu priuato!
     uanne, peccator inico,       che tanto m’ài desprezato!64
     se me fusse stato amico,       non sarìe così menato;
     a lo nferno sè dannato       eternalmente ad estare.