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LAVDA .XXIJ. | 29 |
El nemico fa adunare mille de soi con forconi,
& mille altri ne fa stare che pagono co draconi;68
ciascun lo briga d’apicciare & cantar le lor canzone;
dicon: questo en cor te poni, ch’è t’opo con noi morare.
Con grandissima catena strettamente l’on legato,
a lo nferno con gran pena duramente l’on menato;72
poi gridan quelli con l’oncina: èsciti fore, al condennato;
tutto el popol s’è adunato & nel foco el fon gettare.
De la uita de l’homo reducta a la uechieza. .xxij.
AVdite una entenzone ch’era fra doi persone
uecchi & descaduti cha, dopo eran perduti,
l’uno era censalito l’altro era ben uestito.
Lo censalito piangea d’uno figlio ch’auea4
impio et crudele più amaro che fele:
uedi, o compar mio, del mio figlio iudìo!
uedi co m’à dobato de lo mio guadagnato!
la sua lengua tagliente più che spada pognente8
tutto me fa tremare quando l uegio arentrare;
non fina gir gridando & de girme strauando:
o uecchio desensato, demonio encarnato,
non te poi mai morire, ch’io te possa carire;12
aio una nuora sancta de paradiso pianta;
certo io sarìa morto, non fosse el suo conforto;
tutto me ua lauando & scegliendo & nettando;
sì la benedica Dio com’ell’è reposo mio.16
Compar, co m’ài ferito d’esto ch’ài referito
d’esta tua sancta nura, ché n’aio una sì dura!
se tu oderai contare quel che me fa portare,
terraite ben contento de lo tuo encrescemento.20
aio una nuora astuta con la lengua forcuta,
con una uoce enquina che non ci arman uicina
che non oda l gridato del suo morganato;
l’acqua, lo uento posa; la lengua niquitosa24
non può mai posare de starme a niuriare
con parole cocente che me fendon la mente;
meglio sirìa la morte che la pena sì forte!
agio un figlio ordenato che Dio l’à fabrecato;28
con meco paziente, la sua lengua è piacente;
a la moglie ha ferito per quel che n’à sentito;
ma nulla cosa gioua, tanto è de dura proua.