La stazione estiva di Montepiano/IX
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§ 9. — Poggiòle
M. 530 sul mare.
Questo nome gli viene dalla postura: è una frazione molto sparsa a piccoli casolari o borgatelle. La più importante di queste è Luciana, sopraccapo alla quale ebbero gli Alberti un castello del quale si vedono ancora i ruderi. Nulla di notevole se non le pendici ridenti di fronte a Mercatale nella sezione anteriore. La popolazione infatti è sparsa su due pendici; la prima situata sul versante del Bisenzio e della Fiumenta; la seconda, frastagliata, più a nord, è tutta sul versante della Fiumenta, non però lieta d’aspetto come la prima.
Rimpetto a Luciana v’ha il Sasso delle Fate sulla via mulattiera tra S. Quirico e Cavarzano, enorme roccia con una spaccatura verticale, larga così da passarvi appena, lunga circa m. 9 ½, alta circa 11.1
Narra la tradizione che ivi per vendetta d’amore fosse fatto morire il Conte Uguccione degli Alberti, signore del turrito castello di Luciana.
Chi non ha letto il «Sortilegio» del Giusti? Ivi è stimmatizzata l’immoralità del giuoco del lotto, dipinte a vivi colori le conseguenze della credulità, della superstizione e dell’ignoranza tanto in alto che in basso.
È uno dei più bei parti della mente del grande monsummanese.
Un lugubre fatto avvenuto a Poggiole dette origine a quelle splendide ottave.
Il sac. Tommaso Masi, uomo di non comune ingegno e coltura, perito archeologo, intelligente, versatile, attivissimo, fu per lungo tempo correttore della Compagnia di S. Niccolò. Morì l’anno 1837 il dì 8 settembre in età d’anni 73, in questa parrocchia.
Poggiole non è un castello e il Giusti si allontana dal vero quando scrive:
«In un castello de’ nostri Appennini, |
e per quanto mi sappia il giuoco del Lotto non è stato giammai molto comune in questi paesi. Ma il poeta con questa pungente ed amara satira, avea tutt’altro in mira che la verità scrupolosa de’ fatti e dei luoghi, e, anche allontanandosi dal vero, raggiungeva il nobile scopo che si era prefisso.
Tornando al nostro proposito, il Sac. Masi non fu soltanto un erudito, ma prese parte vivissima nelle vicende dell’epoca sua burrascosa. Difese gl’interessi del paese con energia e costanza, si adoprò all’istruzione della gioventù e morendo legò al Comune tutto il suo avere. A lui, morto, fu mozza la testa per una cabala del lotto, da tre disgraziati i quali, ebbero lungo e clamoroso processo per sepoltura profanata e sortilegio.
Note
- ↑ Prof. E. Bertini.