La sesta crociata, ovvero l'istoria della santa vita e delle grandi cavallerie di re Luigi IX di Francia/Parte seconda/Capitolo XXII

../Capitolo XXI

../Capitolo XXIII IncludiIntestazione 16 aprile 2020 75% Da definire

Parte seconda - Capitolo XXI Parte seconda - Capitolo XXIII

[p. 102 modifica]

Capitolo XXII.

Di ciò che avvenne dopo che ci fummo riparati agli alloggiamenti.


Per rivenire a mia materia e quella perseguire, dirò come alla sera istessa che fummo ritornati dalla pietosa battaglia di cui ho parlato dinanzi, e che ci fummo alloggiati ne’ luoghi donde noi avevamo gittati ed espulsi li Saracini, le mie genti m’apportaro dalla oste nostra una tenda che il [p. 103 modifica]Maestro de’ Tempieri, il quale avea l’antiguarda, m’avea donato, e la feci tendere a destra degli ingegni che avevamo guadagnato sui Saracini. E ciascuno di noi bene si volea riposare, chè ben mestieri n’avevamo per le piaghe e nàvere toccate dei colpi duri e spessi di quella miserevol battaglia. Ma avanti la punta del giorno si cominciò nell’oste a gridare: a l’armi, a l’armi; e tantosto io feci levare il mio Ciambellano, che mi giacea presso, per andar vedere che ciò era. E non tardò guari ch’egli non ritornasse tutto isbaìto, gridandomi: Sire, or su, or su, perchè vedete qui i Saracini a piè ed a cavallo che hanno già disconfitto le genti che ’l Re avea ordinato a fare il guato, ed a guardare gl’ingegni dei Saracini che noi avevam guadagnato: ed erano essi ingegni tutto davanti i padiglioni del Re e di noi altri a lui più prossimani. Di che mi levai ratto sui piedi, e mi gittai la corazza indosso e un cappello di ferro sulla testa, ed appellando le nostre genti, che tutte erano magagnate, pur come ci trovammo, ributammo i Saracini fuor della fronte degl’ingegni ch’essi volevano riscuotere; e poscia il Re, per ciò che noi non potevamo vestire nostri usberghi, ci inviò Messer Gualtieri di Castillione, il quale si locò intra noi e li Turchi per essere al davanti degl’ingegni.

Quando il detto Messer Gualtieri ebbe ributtato li Saracini per più fiate, i quali notturni volevano dirubarci ciò che ’l dì avevam guadagnato, e che essi videro come non ci poteano niente fare nè sorprendere, si ritiraro essi ad una forte battaglia di [p. 104 modifica]loro genti a cavallo ch’erano arringati davanti nostr’oste tutto a randa a randa delle proprie lizze, per guardare che alla volta nostra non sorprendessimo per tempo di notte l’oste loro che avean dopo le spalle. Ed in quella sei Capitani de’ Turchi scavalcarono, e molto bene armati vennero fare una paratura di cantoni, affinchè i nostri balestrieri no li potessono inaverare, ed essi standovi addopati, traeano a vanvera per mezzo noi, e sovente colpivano alquanti di nostra gente. E quando li miei Cavalieri ed io, che avevamo a guardare quel tratto, vedemmo il loro paratìo di pietrami, prendemmo insieme consiglio, che, riannottando, noi l’andremmo disfare e ne asporteremmo le pietre. Ora aveva io uno Prete, ch’avea nome Messer Gianni di Vaysy, il quale, udito il consiglio preso da noi, di fatto non attese altrimenti, ma si dipartì tutto soletto ed a cheto di nostra compagnia, e andò verso i Saracini, sua corazza in dosso, suo cappello di ferro sulla testa, e sua spada sotto l’ascella, perch’ella non fusse appercepita. E quando egli fu presso de’ Saracini, i quali non si pensavano nè dottavano di lui in veggendolo tutto solo, egli loro corre sovra aspramente e leva la spada e fiere su que’ sei Capitani Turchi senza che, per la sorpresa, nullo d’essi avesse podere di difendersi, e forza loro fu di prender la fuga. Di che furono molto isbaìti gli altri Turchi e Saracini; e quando videro così i loro Signori fuggire, essi piccarono degli sproni, e corsero sul mio Prete che si ritornava a piccol passo verso nostr’oste: perchè ben cinquanta [p. 105 modifica]de’ nostri Cavalieri si partirono movendo all’incontro de’ Turchi che il perseguivano a cavallo. Ma i Turchi non vollero giungersi colle nostre genti d’arme, anzi sbiecaron loro dinanzi per due o per tre fiate. Ed arrivò a l’una delle fiate che l’uno de’ nostri Cavalieri gittò la sua daga a l’uno di questi Turchi, e gli donò così tra le coste, che il ferito ne importò la daga in suo corpo, e gli convenne morire. Quando gli altri Turchi videro ciò, essi non osaro unqua più accorrere, e si sbandaro; perchè adunque1 le nostre genti ne asportaro tutte le pietre del paratìo, e da quell’ora fu il mio valente Cappellano ben conosciuto nell’oste, sicché s’udìa dire quando il vedeano: ecco qua il Prete che a tutto solo disconfisse li Saracini.

  1. Allora.