La sesta crociata, ovvero l'istoria della santa vita e delle grandi cavallerie di re Luigi IX di Francia/Parte prima/Capitolo VI

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Capitolo VI.

Di un insegnamento che un buon Cordigliere diede al Re, e come ’l Re non l’obbliasse punto.


Un giorno fu che uno buon Cordigliere venne tutto dinanzi il Re al castello di Yeres, ove noi discendemmo di mare, e gli disse per maniera d’insegnamento, ch’elli avea letta la Bibbia ed altri buoni libri parlanti de’ Principi miscredenti, ma che giammai elli non trovò che Reame si perdesse, foss’egli in tra credenti o scredenti, fuorché per diffalta di dirittura. Si prenda or dunque, disse il Cordigliere, ben guardia il Re ch’io qui veggio e che se ne va in Francia, sicchè faccia amministrare buona giustizia e drittura diligentemente al suo popolo, a ciò che Nostro Signore gli soffra e permetta gioire di suo Reame e tenerlo in pace e tranquillitade tutto il corso della sua vita. Ed egli si dice che questo buono e pro’ Cordigliere, il quale [p. 21 modifica]insegnò il Re sì adrittamente, giace a Marsiglia là ove Nostro Signore fece per lui molti buoni miracoli. E ben sappiate ch’esso buon Cordigliere non volle anche dimorare col Re, per preghiera e richiesta ch’e’ gliene facesse, più che una sola giornata!

Il buon Re non obbliò punto l’insegnamento del Cordigliere, anzi ha governato suo Reame bene e lealmente secondo Dio, ed ha sempre voluto che Giustizia sia fatta ed amministrata, come voi udirete. Perchè di costume, dopo che il Sire di Neelle, e il buon Signore di Soissone, io, ed altri de’ suoi prossimani, eravamo stati a la Messa, egli bisognava che noi andassimo udire li Piati de la Porta, ciò che di presente suol dirsi Le richieste del Palazzo a Parigi. E, quando il buon Re era al mattino venuto della Chiesa, elli ci inviava cherére, e ci domandava com’era ita nostra faccenda, e s’egli ci avea alcuna cosa che non si potesse spacciare senza di lui. E quando alcuna ne avea, noi gliel dicevamo, ed egli allora mandava le parti innanzi a sè, e chiedea loro a che si tenea che non avessero a grato l’arbitrio offerto da’ suoi savi, e, come ne avea contezza, tantosto li contentava e metteva in ragione e drittura; e sempre di buon costume così seguitò a fare il sant’uomo Re.

Molte volte ho veduto ch’esso buon Re, appresso aver udito Messa in Estate, se ne andava a solazzo al bosco di Vincenne, e si sedeva al piè d’una quercia, e ci facea seder tutti accanto a lui, e tutti quelli che si pensavano aver affare con esso Re, veniano a parlargli, senza che alcuno Usciere [p. 22 modifica]o Valetto desse loro impedimento. E domandava alto di sua bocca s’egli ci avea nullo che si credesse a mal partito; e quando più ce n’avea, egli dicea loro: Amici, sostate e vi si spaccerà l’uno appresso l’altro. Poi di sovente appellava Monsignor Pietro di Fontana, e Monsignor Goffredo di Villetta, e dicea: scioglietemi questi partiti. E quando avvisava qualche cosa ad ammendare nella parola di que’ che avvocavano la causa altrui, elli medesimo tutto graziosamente di sua bocca li riprendea. Cosi molte fiate ho veduto che al detto tempo d’Istate, il buon Re veniva nel Giardino di Parigi vestito d’una cotta di camellino, di un sorcotto di bucherame senza maniche, e di un mantello sovraposto di zendado nero, e faceva là stendere de’ tappeti perchè vi ci assidessimo accanto a lui, e là pure spacciava diligentemente il suo popolo, com’io v’ho detto innanzi del Bosco di Vincenne.