La scuola moderna o sia la maestra di buon gusto/Appendice

Appendice

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Atto III Nota storica
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APPENDICE.



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LA MAESTRA DI SCOLA

DRAMMA GIOCOSO

PER MUSICA

da rappresentarsi per la Fiera

dell’Autunno corrente 1749

NEL NUOVO TEATRO

dietro alla Rena di Verona.

Dedicato all’impareggiabil merito

di S. E.

LA SIGNORA

CECILIA PRIULI VALMARANA

CAPITANIA DI VERONA.


IN VERONA

Per Dionigi Ramanzini Librajo a S. Tornio.


ATTORI

PARTI SERIE.

Elisa, creduta Vedova di Filauro.
     La Sig. Orsola Strambi, Lucchese.
Filauro, creduto morto, sotto nome
di Lucindo.
     La Sig. Anna Bastiglia, Bolognese.
Flavia, Amante di Lelio.
     La Sig. Ottavia Barbarini, Fiorentina.
Lelio, Amante di Flavia.
     Il Sig. Marcantonio Moreschi, Veneto.

PARTI BUFFE.

Drusilla, Maestra di scola.
     La Sig. Maria Angiola Paganini, Fiorentina.
Belfiore, vecchio ricco Amante di Drusilla.
     Il Sig. Carlo Paganini. Fiorentino.
Leonora, Figlia di Belfiore.
     La Sig. Canarina Baratti, Romana.
Lindoro, Nipote di Belfiore.
     Il Sig. Antonio Valletti, Fiorentino.


LA POESIA delle Parti Buffe è del Sig. Dott. Carlo Goldoni Veneto.

La Musica Buffa è del Sig. Vincenzo Ciampi. Maestro di Cappella Napolitano.

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ATTO SECONDO

SCENA PRIMA1.

Gabinetto.

Lindoro e Leonora.

Lindoro. Credetemi, cugina,

Che quel vostro amatore
Quasi stizzar mi fa.
Adesso lo trovai, parlai per voi,
E par che sia pentito
D’aver promesso d’esservi marito.
Leonora. Ei ne ha quasi ragione;
Quel vecchio di mio padre
Vuol maritar la figlia
Senza darle la dote: al giorno d’oggi,
Credemi (sic), non è in uso
Le figlie maritar per il bel muso.
Voglion esser quattrini in quantità,
Ricchezze e non beltà si stima adesso.
Un tempo il nostro sesso
Era più rispettato,
Ora sono le donne a buon mercato.
Basta, m’informerò con la maestra,
Che in queste cose sono innocentina,
Di naturale poi bonin bonina2.
  Son tenerina,
  Son ragazzina,
  Senza maestra
  Non mi so movere;
  Perchè son semplice

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  Son vergognosa,

  Son schizzignosa,
  Parlar non so.
  Or son discepola,
  Signor mio bello;
  Il mio cervello
  Si va svegliando,
  A poco a poco
  Io imparerò.

SCENA II.

Lindoro.

Chi le credesse,

Povera innocentina;
Basta dir ch’ella è donna
Per esser come l’altre
Furbe, piene di malizia, e ancora scaltre (sic).
  Donne belle,
  Donne care,
  Siete tutte alfin cori;
  Con un vezzo lusingate,
  Con un riso innamorate:
  Dico il ver, non è cori?
  Poi con questo, poi con quello:
  Siete bello, per voi moro,
  Mia delizia, mio tesoro;
  Ma di tutti vi burlate,
  Poi con quello innamorate (sic);
  Dico il ver, non è così?

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SCENA III3.

Giardino.

Belfiore e Drusilla a sedere.

Belfiore. Insomma dice ben quella canzone:

Oh quanto è buono l’amore vicino,
Se non lo vede, lo sente parlare4,
Sente parlare, e ba;
Star da presso al caro bene
Che contento al cor mi dà.
Drusilla. (La cifera intendo già,
Ma per burlarlo risponderò):
Meglio dice quell’altra:
A me diletta assai il mio amorino,

(a due E chi non crede che possa crepare,
Possa crepare, e ba,
Che patrone del mio core
Il mio ben sempre sarà.
Belfiore. Si può parlare?

Drusilla. Padrone, signor Belfiore,
Parli pur, mi fa onore.
Belfiore. Io non vorrei
Cotante5 cerimonie,
Vo’ che andiamo alla buona;
Fra noi non v’è padrone, nè padrona.
Drusilla. Fo il mio dovere.
Belfiore. E via con questi inchini,
Io non stimo le smorfie, ma i quattrini6.
.     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     
Drusilla. (Ed io lo goderò col mio Lindoro).
Belfiore.   Per te, mia coccoletta,

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  Amore dentro al petto

  Sonando il ciffoletto,
  La bella furlanetta
  Con piacer mi fa ballar.
  Ah senti, mia cara, e viscerette care,
  Ah che non posso più.
  Ah che il core dal contento
  Va ballando, io lo sento,
  Sempre, cara, in su e in giù.

SCENA IV.

Drusilla.

Giovinotti, vedete

Come i vecchi da noi trattati sono7,
.     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     
Piangerete il bel tempo in van perduto.
  No, non s’ama più da vero,
  Sol si cerca d’ingannar:
  Lusingar or va all’usanza;
  La costanza è una follia;
  Dite pure se ciò sia,
  Alme amanti, voi per me.
  Parla il labbro e non il core,
  Tutto è finto nell’amore,
  Non sa alcun che cosa è fè.

  1. Questa scena corrisponde alla III dell’atto II della Scuola moderna: vedi p. 190.
  2. L’arietta che qui segue leggesi nella sc. I del II atto della Maestra del Palomba (Napoli, 1747) e nell’edizione che si fece l’anno stesso a Bologna (v. più avanti la Nota storica).
  3. Vedasi a pag. 191.
  4. La stampa è molto scorretta.
  5. Nel testo: con tante.
  6. Segue come a pag. 191.
  7. Segue come a pag. 202.