La madre (Deledda)/Capitolo 9

Capitolo 9

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Cessata la crisi, riprese a ragionare.

Ecco che adesso tutto gli appariva chiaro, come un paesaggio dalla finestra sotto la luce del sole. Era prete, credeva in Dio, s’era sposato con la Chiesa, aveva giurato castità: era come un uomo ammogliato, insomma, che non deve tradire la moglie. Perchè aveva amato e amava quella donna non sapeva precisamente. Era forse in una età di crisi fisica, verso i ventotto anni; la sua carne addormentata dalla lunga astinenza, o meglio chiusa ancora in una specie di prolungata adolescenza, s’era d’un tratto svegliata e tendeva a quella donna perchè era la più affine a lui, anche lei non più giovanissima [p. 58 modifica]eppure ancora ignara e priva d’amore, chiusa nella sua casa come in un convento.

Così, in principio era stato un amore larvato di amicizia. Si erano presi in una rete di sorrisi, di sguardi: la stessa impossibilità di amarsi li avvicinava; nessuno sospettava di loro, e loro stessi s’incontravano senza turbamento, senza paura, senza desiderio: il desiderio però s’infiltrava a poco a poco nel loro amore casto come un’acqua silenziosa sotto un muro che d’un tratto poi marcisce e crolla.

Ma tutte queste cose le pensava lui. Scendendo bene nella sua coscienza trovava la verità: sentiva di aver desiderato la donna fin dal loro primo sguardo: fin dal primo sguardo si erano posseduti. Tutto il resto era inganno col quale egli tentava giustificarsi ai suoi propri occhi.

Ebbene, era così. Ed egli accettava la verità. Era così; ed era così perchè la natura dell’uomo è questa: soffrire, amare, congiungersi, godere, soffrire ancora: fare e ricevere il bene, fare e ricevere il male: questa è la vita dell’uomo. E tutto il suo [p. 59 modifica]pensare non gli toglieva un grammo dell’angoscia che gli pesava sul cuore; e adesso intendeva il vero senso di quest’angoscia: era il senso della morte, poichè rinunziando ad amare, a possedere quella donna, era rinunziare alla vita stessa.

Ma poi pensava: non è vanità anche questa? Passato l’attimo del piacere d’amore, lo spirito riprende padronanza di sè, ritorna, anzi si rifugia con più desiderio di solitudine nella prigione del corpo mortale che lo riveste. Perchè dunque soffrire per questa solitudine? Non l’aveva accettata e vissuta per tanti anni? I più freschi della sua vita? — Anche se potessi fuggire davvero con Agnese, e sposarla, resterei egualmente solo entro di me....

Eppure il solo pronunziare il nome di lei, la sola idea della possibilità di vivere con lei, lo fecero balzare fremendo: ed ecco di nuovo sentì la donna lunga distesa accanto a lui: gli parve di stringerla, fresca e liscia come un giunco, le parlò sul collo tiepido, sui capelli sciolti che [p. 60 modifica]odoravano un po’ caldi e un po’ selvaggi come la chioma dello zafferano. E le disse, mordendo il guanciale, tutti i versetti del Cantico dei Cantici, e quando questi furono finiti le disse che sarebbe tornato a lei il giorno dopo, e che era felice di dar dolore a sua madre e a Dio, e di aver giurato, e d’essersi abbandonato al rimorso, alla superstizione, al terrore, per rompere tutto e tornare a lei.