La leggenda di Tristano/XXIII
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XXIII. — Ma se alcuno mi domanderae se lo re Languis conosciea T. o sapea di sua cundizione, io dirò di noe. E appresso a queste parole, lo re fece venire sua figliuola, quale avea nome Isaotta la bionda; e imperciò si chiamava Isaotta la bionda imperciò ch’avea li suoi capegli si biondi che non paríano se non oro finissimo. E ella iera tanto bellissima e tanto avenante di sua persona piú che neuna altra che fosse a quel tempo. E lo re disse: «Figlia, qui hae uno cavaliere inaverato e è cavaliere aventuroso, e perciò voglio che tue si ti procacci di lui guerire». E Isotta incontanente si andoe a T. e incominciogli a ponere mente le fedite, incontanente si fece trovare quelle cose che a lei parea che bisognassero ale fedite di T. E quanto piú medicava [Isotta] la bionda le fedite a T. ed egli tanto piú peggiorava. E Isotta, vedendo che T. tuttavia peggiorava, incominciossi fortemente a dolersi, e comandoe che T. si fosse portato di fuori al sole; e fue fatto ciò che comandoe. E Isotta disse: «Cavaliere, se la tua fedita è intossicata, al certo sii di guerire; ma s’ella non è attossicata, non ti potrò guerire». Allora gl’incomincia a guardare la fedita, e tanto la riguarda in suso e in giuso che trovoe si come la fedita iera attossicata. Ed allora si gli disse: «Cavaliere, al certo sii di guerire, ché lo ferro col quale tu fosti ferito si fue attoscato».