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XIV XVI

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XV. — Ma se alcuno mi domanderae se lo re Marco conoscea T., io dirò che noe, ched egli non sa suo nome né suo essere. Ma appresso a queste parole lo re Marco andò a cacciare con grande compagna di cavalieri e T. andoe co lui ala caccia, ma tutti gli altri cavalieri né damigelli non pare che sappiano neente dela caccia quanto sapea T. E dappoi che tornarono ala terra e T. incomincia a schermire con cavalieri e con damigelli, sí che in poco tempo non truova T. chi volesse ischermire co lui. E appresso incomincia a cavalcare e a tenere arme con altri damigelli, sí che tutti li baroni di Cornovaglia sí si meravigliano di ciò che facea T.

E istando per uno tempo sí che T. potea avere anni XV e allora venne l’Amoroldo d’Irlanda con grande compagnia di cavalieri, e venia in Cornovaglia per lo trebuto, lo quale avea a ricevere dalo re Marco di X anni. E quegli di Cornovaglia, quando videro le navi del’Amoroldo, incominciarono tutti a piangere e a fare grande lamento, dicendo: «Mare, perché non vieni aguale una tempesta sí grande, che tutte queste navi andassero in perfondo, che tanto dolore non recassero in Cornovaglia?». Molto è dolente lo re e tutta la sua corte di questa aventura. Ma l’Amoroldo prese porto a Tintoil e ismontoe in terra e mandoe tre cavalieri alo re Marco per dimandare lo trebuto di X anni. E quando li cavalieri furono giunti alo palazzo deio re Marco ed e’ dissero: «A te ci manda l’Amoroldo d’Irlanda, lo migliore cavaliere del mondo, che tu t’apparechi di dare lo trebuto ed abilo dato da oggi a tre dí. E se no l’hai dato, si farae ardere tutta la tua terra». E a queste parole non rispuose lo re né neuno cavaliere dela corte. E T., che di queste cose non sapea, dimandoe uno cavaliere e disse: «Dimi, perché istate voi cosí dolenti?». «Perché l’Amoroldo d’Irlanda si è venuto in [p. 23 modifica] Cornovaglia per lo trebuto che dee ricevere di X anni, e se non paghiamo questo tributo, sí saremo distrutti.» Allora disse T.: «Non vi potete voi difendere di queste cose, sí che voi non paghiate questo tributo? Già veggio tanti buoni cavalieri in questo reame e per nomero so che voi siete piú di loro. E dunqua potete voi diffendere lo trebuto». Allora sí rispuose lo cavaliere e disse a T.: «Se tutti li cavalieri di Cornovaglia fossero insieme, non avrebero ardimento di combattere con solo l’Amoroldo». «E dunque» disse T. «e voi pagherete lo trebuto, o vogliate voi o noe. Ma potreste voi avere diliveraggione in alcuna maniera?». E lo cavaliere disse: «Se in questo reame fosse uno sí franco cavaliere d’arme, il quale volesse combattere col’Amoroldo d’Irlanda ed egli vincesse l’Amoroldo per forza d’arme, noi saremo diliverati e non pagheremo lo trebuto. Ma io so bene che in tutto questo reame non hae neuno cavaliere che ardisse di prendere la battaglia co lui, e anzi vorrebero pagare due cotanti trebuti che combattere co lui». Allora rispuose T. e disse ched egli unqua non udío parlare di cosí malvagi cavalieri come quegli di Cornovaglia. E allora si partí T. del palagio e lascia lo re Marco e tutti li suoi cavalieri molto dolorosi. E T. sí si ne andoe nela camera a Governale e disse: «Maestro, io sono venuto per dimandarti [consiglio. Egli è vero che l’Amoroldo d’Irlanda è venuto a domandare] lo trebuto in Cornovaglia. E io abo inteso che per uno solo cavaliere si può diffondere, e in tutta Cornovaglia non hae neuno cavaliere che voglia combattere co lui. E imperciò vorrei quando ti piacesse di domandare alo re Marco che mi faccia cavaliere. E dappoi ch’io sarò fatto cavaliere, dimanderò la battaglia col’Amoroldo d’Irlanda». Allora disse Governale: «Come, vuo’ tu combattere, T., col’Amoroldo d’Irlanda? Non sai tu ch’egli è lo migliore cavaliere del mondo e tu se’ ancora giovane e non potresti ancora d’arme? E imperciò ti consiglio che tu non prendi battaglia co lui». E T. disse: «Maestro, se l’Amoroldo è buono cavaliere, io vorrei che fosse ancora migliore, perché quanto migliore fosse, piú volentieri combatterei co lui». Allora disse [p. 24 modifica] Governale ched egli non volea ched egli prendesse battaglia co lui. E T. disse: «Dolce maestro, ora m’intendi sed io dico ragione. Io sono giovane damigello e non fui ancora in nessuna battaglia né non sono ancora di nessuna prodezza nominato, e l’Amoroldo è nominato di molte prodezze, sí come voi sapete. E dunqua s’io vegno ala battaglia co lui ed io lo vinco, si aquisterò io grande pregio e a questa battaglia conoscerò io sed io debbo esser produomo d’arme. E se io prodduomo non debbo essere, meglio è ch’io muoia in questa battaglia a onore, che vivere servo coli malvagi cavalieri di Cornovaglia». E allora disse Governale: «Dappoi che a te piace di combattere e veggio lo tuo volere, ed a me piace che tu combatti co lui». E allora T. si lo ringraziò assai.