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XIX. — Or dice lo conto che, quando T. fue giunto a Tintoil, tutte le dame e le damigelle vegnono incontro a T. e fecerne grande gioia e grande festa, e duroe questa allegrezza di T. giorni otto e otto notte. Ma Tristano lo quale è feduto, si come detto v’hoe, incominciossi a dolere dela sua fedita e a mettere grande grida, sií come uomo che sentia grandi dolori. E lo re Marco si fece venire medici per medicare T., e guardando le ferite, dissero che di queste ferite lo guarranno eglino molto tosto. Ma T. guerie di tutte l’altre fedite, salvo che di quella dela coscia, e quanto piú medicavano la fedita, ed ella piú peggiorava. E poi incominciò a putire sí fortemente che neuna persona non potea istare nela corte. T. dappoi che sentio che la fedita gli putta in cotale maniera, disse a Governale: «Maestro, dappoi ch’io sono in tale maniera ferito [p. 29 modifica] che neuna persona non puote venire a me, e imperciò voglio che tu vadi al re Marco e debilo pregare da mia parte, ché io mi voglio partire dela corte e andare a istare nelo palagio, Il quale è sopra la riva del mare». Dappoi che Governale ebe dette queste parole alo re, e elli si fece prendere una bara cavalcarese e fecelo ponere alo palagio ch’è sopra la riva del mare. Ma T. non truova neuno consiglio del suo male, e disse a Governale: «Portami ala finestra, ch’io voglio vedere lo mare». E Governale disse che no lo vi porterebe giá; imperciò ch’egli avea paura che non si gittasse in mare.