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LXXXIX XCI

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XC. — Ma se alcuno mi domanderae se lo re fue allegro quand’egli ebe la reina, io diroe di sí, imperciò ch’egli non curava neente di T., se no pur di madonna Isotta. E quand’egli la vide, fue molto allegro oltra misura. E incontanente sí comandoe a tutti li suoi cavalieri che cavalcassero inverso Tintoil al piú tosto ch’egli potessero, «imperciò ch’io non voglio dimorare piú quie in nessuna maniera, dappoi ched io abo madonna Isotta». E a tanto sí incominciarono a cavalcare inverso Tintoil per la piú diritta via ch’egli sapiano. E lo re Marco iera molto allegro di questa aventura.

Ma tanto cavalcarono in cotale maniera che pervennero a Tintoil. E quando fuerono a Tintoil, e lo re Marco sí n’andoe al suo palagio e quivi ismontoe da cavallo lo re e tutti li suoi baroni e cavalieri. Ma lo re Marco mise incontanente madonna Isotta in una torre, la quale torre si era molto profonda oltra misura. E dappoi che madonna Isotta fue messa nela torre, e lo re sí riserroe l’uscio dela torre e ritennesi le chiave a sé e nole volle dare a neuna persona in guardia. E in cotale maniera fue tolta madonna Isotta a T., lá ond’ella istette dappoi in pregione. Due anni passarono ch’ella non uscío fuori dela torre in nessuna maniera. Ma lo re Marco sí le dava a mangiare tutta fiata egli di sua mano, ma non si volea affidare né dare le chiave a neuna persona nata, imperciò [p. 134 modifica] che non volea che neuna persona le potesse parlare a madonna Isotta né darle neuna cosa sanza sua saputa.