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134 la leggenda di tristano


che non volea che neuna persona le potesse parlare a madonna Isotta né darle neuna cosa sanza sua saputa.


XCI. — Ma in questa parte dice lo conto, che dappoi che lo re Marco ebe messa madonna Isotta nela torre, si come detto è, e egli si fece mettere bando in per tutto lo suo reame, che neuna persona non debia ricordare T., in pena d’essere distrutto, e ogn’uomo lo possa affendere in avere e in persona e sanza nessuno bando. Ma quando Ghedin intese queste parole, fue molto allegro, e incontanente ne incominciò a menare grande allegrezza e grande gioia oltra misura. E disse ali XX cavalieri ch’ierano istati a prendere T.: «Ora potete voi essere molto allegri, dappoi che T. è isbandito di Cornovaglia, sí come voi sapete. Oggimai gli possiamo noi affendere in avere e in persona a tutta nostra volontade». Molto ne menano grande allegrezza tutti li cavalieri di questa aventura.


XCII. — Ma ora lascio lo conto di parlare delo re Marco e di suoi compagni, perché non appertiene a nostra materia, e torno a T., sí come vuole divisare la storia verace. Ma dappoi che madonna fue tolta sí come detto è a T., e egli sí dormía in sun uno monte, lo quale iera molto basso, e lo suo cavallo si era a piano, lo quale tenea Governale per farlo pascere. E T. sí dormia molto forte. Ma istando in cotale maniera, e uno damigello sí cavalcava per lo diserto molto astiamente, e cavalcando in cotale maniera sí pervenne al monte lo quale iera appresso ala via, lá dove T. dormia. E quando lo damigello vide T., sí si fece appresso di lui incontanente e incominciollo a riguardare. E istando in cotale maniera, e lo damigello incontanente sí conobe che questi sí era T., lo nepote del re Marco di Cornovaglia, lo quale avea morto lo suo padre indelo torneamento d’Irlanda e quando T. isconfisse lo re di Scozia, sí come lo nostro libro ci ha divisato in adietro. E dappoi che lo damigello ebe conosciuto T., prese uno suo arco e mise mano ala saetta attossicata, la