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VI. — Nela corte del re Ferramonte avea uno folle, lo quale disse al’Amoroldo: «La sua bellezza ti costerae cara». [p. 15 modifica]E l’Amoroldo incomincioe a ridere e fare beffe. E lo re Ferramonte disse: «non ne fare beffe, Amoroldo, ché l’altrieri albergò un cavaliere qui e, mangiando con noi a tavola, diede al folle una coscia di cappone, e lo folle disse: «Imperciò lo piglio perché tu non de dei dare piú altrui». E la mattina, levandosi lo cavaliere e lavandosi le mani, venne una damigella e disse: «Cavaliere, donami uno dono». E lo cavaliere disse: «Domanda ciò che tu vogli». Ed ella disse: «Donatemi la vostra ispada». E lo cavaliere gliele fece dare, e la damigella prese la spada e mozzoe la testa alo cavaliere. E di molte altre aventure ha detto la veritá. E perciò ti priego che tu ti guardi da lui». E l’Amoroldo incomincioe a ridere ed a fare beffe. Cenarono la sera con grande allegrezza e lo re lo fae servire di tutto ciò che fae bisogno. Al matino si parte l’Amoroldo con tutta sua compagnia, e lo re l’accompagna e al partire li dice lo re che si guardi da quello damigello, si come lo folle gli avea detto. Lo re Ferramonte si si ritornoe al suo palagio.