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LXXXI. — E se alcuno mi domanderae come si chiama lo palagio, io dirò che si chiama la magione dela savia donzella. E quando T. intende queste parole, le quali ha dette madonna Isotta, sí dice: «Mia dama, dappoi che piace a voi che noi arimagniamo in questo diserto e in cotale maniera, e a me piace». Allora sí parlò T. ali compagni e disse: «Segnori, a me conviene d’andare in altra parte, lá ove voi no mi potreste accompagnare. E imperciò sí vi priego per onore di cavalleria, che voi sí dobiate salutare molto da nostra parte imprimieramente lo re Artú ed appresso la reina Ginevra e Lancialotto e tutti quegli dela corte del re Bando di Benuichi e tutti gli altri cavalieri somigliantemente. E dite loro dala nostra parte che molto mi tarda che noi gli vegniamo a vedere e loro e tutti li buoni cavalieri erranti». Allora sí rispondono li IIII cavalieri, li compagnoni di T., e dissero: «T., molto ieravamo allegri dela vostra compagnia. Ma dappoi che voi dovete andare in altra parte lá [ove] nostra compagnia non puote essere, noi faremo vostro messaggio cortesemente».