La leggenda di Tristano/CXXIII
Questo testo è completo. |
◄ | CXXII | CXXIV | ► |
CXXIII. — A tanto dice lo conto, che quando lo conte d’Agippi fue messo in isconfitta, sí come detto èe, ed eglino sí andarono tanto presso ali cavalieri, che pervennero ala cittade d’Egippi. E quando fuorono ala cittade, e lo re e T. si puosero l’assedio d’intorno ala cittade da ogne parte, sí che neuna persona non ne potea uscire ned andare se non per lo campo. Ma istando in cotale maniera, e T. sí andoe alo re dela Pititta Brettagna, vedendogli ch’eglino non potea[no] avere la cittade in nessuna maniera. E quando fue a lui ed egli sí gli disse: «Ree dela Pititta Brettagna, or fate mettere bando per tutta la vostra oste, che tutta gente, populo e cavalieri, sí debiano essere alo matino tutti armati al campo, sapendo ogn’uomo che la battaglia si vuole dare alla cittade». E quando lo re intese le parole di T., fune molto allegro. E incontanente sí fece mettere bando per tutta la sua oste, che tutti li suoi baroni e cavalieri sí fossero alo matino tutti armati e acconci di tutte arme, imperciò ch’alo maitino eglino si siano tutti al campo apparechiati, sí come detto èe.