La leggenda di Tristano/CXXII
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CXXII. — In questa parte dice lo conto, che quando Isotta dele bianzi mani vide T. combattere e vide la grande prodezza la quale egli facea, e com’egli avea messo in isconfitta lo conte d’Agippi con tutta la sua gente, fune tanto allegra che neun’altra piú di lei. E incontanente sí tornoe ala sua camera a Ghedin, e quando fue a lui ed ella sí gli disse: «Ghedin, per mia fé io sí ti porto molto buone novelle, che lo nostro cavaliere, lo quale venne qua così innaverato e io lo tornai a guerigione sí come voi sapete, egli ha messo in isconfittura lo conte d’Agippi con tutta sua gente. Onde noi sí avemo vinto in tutto per la sua prodezza». E quando Ghedin intese queste parole, fue tanto allegro che neuno altro piú di lui. E appresso sí disse: «Per mia fé, Isotta, io abo maggiore volontade di vedere lo nostro cavaliere che io non ho di neun’altra cosa che sia al mondo, per amore di lui. E io posso ben dire che lo nostro cavaliere è lo piú bello uomo che sia al mondo e lo piú pro cavaliere. E certo per amore dela sua prodezza io no mi partirò giamai da lui, per vedere le grande maraviglie d’arme le quali egli ha fatte e fae». Molto parla Ghedin e Isotta dele bianzi mani dele grandissime prodezze delo cavaliere.