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CXLV. — E a tanto dice lo conto che dappoi ch’egli ebero finito loro parlamento, ed eglino sí incominciarono a cavalcare inverso la cittade molto tostamente, e tanto cavalcarono in cotale maniera che pervennero alo palagio reale. E quando fuorono alo palagio, ed eglino sí smontarono da cavallo e andarono nela sala delo palagio. E quando lo re vide T. e Ghedin, li quali menavano co loro una damigella, incominciossi molto a maravigliare di queste cose, ed appresso sí disse: «T., ditemi, se Dio vi salvi, di che parte viene questa damigella?». E T. disse: «Per mia fé, ree, questa damigella sí viene di molto lontano paese, la quale si m’hae apportate molto malvagie novelle delo mio reame, sí com’eglino si combatteno insieme tutti li miei baroni e cavalieri, laonde tutta mia terra si distrugge. E imperciò ella sí è venuta per me, ched io sí debia tornare incontanente nel mio reame a mettere pace intra loro, cioè intra li miei baroni e cavalieri. Onde sappiate ched io sí mi vorroe partire di qui da oggi a viij giorni e voglio tornare in mio paese; e quando io avroe messa pace intra la mia gente, ed io sí tornerò a voi incontanente. E imperciò sí vi domando congedo». E quando lo re intese queste parole, fue molto doloroso, imperciò ch’egli non vorebe che T. si partisse da lui in nessuna maniera, imperciò ch’egli l’amava di molto grande amore. E istando per uno poco, ed egli sí incominciò a pensare e dicea infra se istesso: «Certo, se T. vuole tornare nel suo reame per questa aventura, io ne sono molto allegro, quand’egli vuole andare a riconquistare suo reame. Laond’io ne debo essere molto allegro di queste cose». E [p. 192 modifica] quand’egli ebe fatto questo pensiero, ed egli sí disse: «T., a me sí piace assai che voi sí dobiate tornare ed andare alo vostro reame, quando a voi piace. Ma tutta fiata sí voglio che voi sí dobiate prendere dela mia corte oro ed argento e cavalieri, tanto e tanti quanto a voi bisogna. Imperciò ch’io sí voglio che voi sí andiate molto orrevolemente, per conquistare vostro reame».