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CXLI CXLIII

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CXLII. — In questa parte dice lo conto, che quando T. fue dimorato per tutto lo giorno, quando lo re gli volle donare lo reame dela Pititta Brettagna, e la notte sí fue venuta, e T. sí andò a posare con Isotta sua dama, quella che l’amava piú ch’ella non facea né sé ned altrui. E sí voglio che voi sappiate ched ella tutta notte sí lo tenea in braccio e basciavalo tutta fiata, ned altro diletto ella non credea che fosse ned altro giuco se non quello che T. le facea. Ond’io voglio [p. 187 modifica] che voi sappiate che se Isotta la bionda amava T. di grande amore, e Isotta dele bianci mani l’amava altrettanto o piú, e sí l’amava delo piú leale [amore] che unqua fosse amato neuno cavaliere da sua dama. Molto menava grande allegrezza Isotta dele bianci mani, quand’ella tenea T. in braccio. Ma tanto dimorarono in cotale maniera, che la notte sí trapassoe e lo giorno appressimoe. E quando T. vide lo giorno, incontanente sí prese li drappi e levossi immantenente, e incominciò a chiamare Ghedin. E quando Gheddino intese la boce di T., incontanente sí prese li drappi e andò a lui. E T. sí gli disse: «Ghedin, io sí vorrei andare ala caccia». E a tanto sí andarono ala caccia intrambodue, con altri cavalieri. Ma quando fuorono al campo appresso ad una foresta, ed eglino sí incominciarono a cacciare ed andarono per tutto lo giorno. E quando venne la sera, ed eglino sí tornarono a corte con molta cacciagione; e quand’eglino fuorono a corte, ed eglino sí incominciarono a fare molto grande allegrezza.