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CXCIII CXCV

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CXCIV. — Ma se alcuno mi domanderae perché piangea questa damiscella e facea cosí grande lamento, io diroe ch’ella sí piangea per amore delo re Artu, lo quale iera in aventura di morire, se per alcuno pro cavaliere e’ non fosse socorso. Ma tanto cavalcarono intrambodue insieme, ch’eglino sí pervennero in uno luogo molto bello e dilettevile, nel quale si avea uno palagio con molte porte. E davanti alo palagio si avea uno prato molto bello ed iera tutto murato, e nel mezzo sí era uno pino molto bello; ma appresso a questo pino sí avea una fontana molto bella e dilettevole. E quando la damiscella e T. fue alo prato, ed egli guardarono e videro uno cavaliere giacere in terra, lo quale cavaliere sí era abattuto da cavallo ed ieragli sopra iij cavalieri armati di tutte arme, ed ierano a piede, e uno cavaliere sí stava a cavallo. E una damiscella sí gli avea tratto l’elmo di testa e dicea a lui: «Cavaliere, uccidetelo lo traditore, lo quale si vuole partire». E a quelle parole sí misero mano due cavalieri ale spade e vollero fidire alo cavaliere, lo quale giacea in terra e non [p. 249 modifica] avea podere di difendersi in nessuna maniera. Ma quando la damiscella vide queste cose, disse a T.: «Cavaliere, ora potete voi andare a fare vostro podere d’arme, e dovete essere lo piú allegro cavaliere che unqua fosse al mondo, quando voi avete trovata la maggiore aventura che unqua trovasse neuno cavaliere. E imperciò sappiate che quello cavaliere, il quale voi vedete in terra, per lo certo il sappiate ch’egli sí è lo re Arturi, per cui tutti li buoni cavalieri erranti sono messi in aventura. E imperciò andate a diliverallo alo piú tosto che voi potete». E quando T. intese che questi sí era lo re Arturi, fue tanto allegro che neun altro piú di lui. E incontanente sí incominciò a ringraziare Iddio e la sua madre santissima madonna Santa Maria, ch’egli era in cosí alta aventura, e molto fue allegro.