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248 | la leggenda di tristano |
damiscella ch’avea molto grande paura, che quegli per cui
ella menava cosí grande dolore non fosse morto. Ma T. incominciò a pregare la damiscella, ch’ella gli dovesse dire la
cagione, perché dovea addivenire cosí grande dolore. Ma
quando la damiscella intese queste parole, disse: «Cavaliere,
ora sappiate ch’io non vi potrei ora dire questo convenentre,
onde voi mi domandate, imperciò ch’io abo troppo grande
dolore; ma voi lo saprete bene tutto quello convenentre, imprima che voi vi partiate dalo cavaliere, per cui voi andate
a diliverare. Ma io non vi posso ora dire suo nome, imperciò
ch’io l’abo in comandamento di non dirlo, infino a tanto che
noi saremo in alcuno luogo, lá ove noi abisogna d’andare e
di fare vostra prodezza d’arme». E quando T. intese queste
parole, fue molto allegro e disse infra se istesso: «Ora non
sarebe cortesia adimandare piú la damiscella, dappoi ch’ella
non dee dire lo nome delo cavaliere, per cu’ io mi sono messo
in aventura».
CXCIV. — Ma se alcuno mi domanderae perché piangea questa damiscella e facea cosí grande lamento, io diroe ch’ella sí piangea per amore delo re Artu, lo quale iera in aventura di morire, se per alcuno pro cavaliere e’ non fosse socorso. Ma tanto cavalcarono intrambodue insieme, ch’eglino sí pervennero in uno luogo molto bello e dilettevile, nel quale si avea uno palagio con molte porte. E davanti alo palagio si avea uno prato molto bello ed iera tutto murato, e nel mezzo sí era uno pino molto bello; ma appresso a questo pino sí avea una fontana molto bella e dilettevole. E quando la damiscella e T. fue alo prato, ed egli guardarono e videro uno cavaliere giacere in terra, lo quale cavaliere sí era abattuto da cavallo ed ieragli sopra iij cavalieri armati di tutte arme, ed ierano a piede, e uno cavaliere sí stava a cavallo. E una damiscella sí gli avea tratto l’elmo di testa e dicea a lui: «Cavaliere, uccidetelo lo traditore, lo quale si vuole partire». E a quelle parole sí misero mano due cavalieri ale spade e vollero fidire alo cavaliere, lo quale giacea in terra e non