La leggenda di Tristano/CXCIII

CXCIII ../CXCII ../CXCIV IncludiIntestazione 29 ottobre 2021 75% Da definire

CXCII CXCIV

[p. 247 modifica]


CXCIII. — In questa parte dice lo conto, che quando T. intese queste parole fue molto allegro, credendosi egli avere questa aventura; ma molto si dolea, quando la damigella si volea partire. E istando per uno poco, e T. disse: «Damiscella, io voglio che voi sappiate che ogn’uomo non può essere né dela forza né dela prodezza di monsignor Lansalotto; ma io sono uno cavaliere, lo quale verroe con voi, quando a voi piaccia. E sí voglio che voi sappiate, che io non so neuno cavaliere, a cu’ io voltasse mio iscudo, né anche a monsignor Lansalotto, lo quale è lo migliore cavaliere che sia al mondo. E ora m’avete fatto dire una villania. E imperciò vi priego che voi mi dobiate menare con voi in questa aventura, e io vi prometto di fare tutto mio podere d’arme». E quando la damiscella intese queste parole, fue molto allegra a dismisura, ed ella conosce bene che queste parole veniano da molto grande ardore di cuore. E la damiscella sí incominciò a risguardare a T., e videlo cotanto bello e cotanto avenante di tutte cose. Incominciò a dire in fra se istessa: «Certo questi non puot’essere che non sia pro cavaliere a dismisura». E istando per uno poco, e ella disse: «Cavaliere, ora venite con meco, perch’io sí vi meneroe in questa aventura, imperciò ch’io credo che voi siate sí pro cavaliere, che voi mi diliverrete di quello, laond’io meno cosí grande dolore; ma tutta fiata mi promettete, che voi dobiate fare tutto vostro podere di cavalleria». E T. disse: «Damigella, sappiate che io faroe tutto mio podere, laonde io spero ched egli sí n’adiverrae sí come voi dite». E la damigella sí incominciò a cavalcare molto tostamente innanzi, e T. andava appresso ala damiscella. E la damiscella cavalcando facea molto grande lamento, sí come [p. 248 modifica] damiscella ch’avea molto grande paura, che quegli per cui ella menava cosí grande dolore non fosse morto. Ma T. incominciò a pregare la damiscella, ch’ella gli dovesse dire la cagione, perché dovea addivenire cosí grande dolore. Ma quando la damiscella intese queste parole, disse: «Cavaliere, ora sappiate ch’io non vi potrei ora dire questo convenentre, onde voi mi domandate, imperciò ch’io abo troppo grande dolore; ma voi lo saprete bene tutto quello convenentre, imprima che voi vi partiate dalo cavaliere, per cui voi andate a diliverare. Ma io non vi posso ora dire suo nome, imperciò ch’io l’abo in comandamento di non dirlo, infino a tanto che noi saremo in alcuno luogo, lá ove noi abisogna d’andare e di fare vostra prodezza d’arme». E quando T. intese queste parole, fue molto allegro e disse infra se istesso: «Ora non sarebe cortesia adimandare piú la damiscella, dappoi ch’ella non dee dire lo nome delo cavaliere, per cu’ io mi sono messo in aventura».